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Infolampo: Europa – Draghi

20170529170715_6207La svolta necessaria dell’Europa

Il segretario generale della Ces Luca Visentini presenta la Conferenza di metà mandato in corso a Roma.

“La prima parola d’ordine è investimenti, questo è l’anno giusto. Altrimenti l’Unione rischia di

implodere”

di Maurizio Minnucci

“La nostra prima parola d’ordine è investimenti, pubblici e privati, per rilanciare l’economia e i posti di

lavoro. Il piano Juncker ha provato a imprimere una prima svolta alla stagnazione, ma non è stato

abbastanza coraggioso. Anche i parametri di Maastricht vanno rivisti. Insomma, è giunto il momento di

una seria riforma macroeconomica”. A dirlo è Luca Visentini, segretario generale della Confederazione

europea dei sindacati, presentando la Conferenza di metà

mandato in corso a Roma. La confederazione rappresenta

circa 45 milioni di lavoratori di 90 organizzazioni affiliate

– anche di Paesi candidati a entrare come la Turchia – e il

suo obiettivo è quello di porre al centro il tema

dell’Europa sociale. “Ormai – sottolinea – veniamo da

dieci anni crisi drammatica con la disoccupazione giunta a

livelli intollerabili. A sessant’anni dai Trattati di Roma, la

cui firma è stata celebrata lo scorso marzo, pensiamo che

questo sia l’anno della svolta necessaria, altrimenti il

rischio è che l’Unione imploda in se stessa, non abbiamo

un futuro. Dalla dichiarazione sottoscritta al termine di

quell’incontro sembra esserci una presa di coscienza, tanto

più dopo la Brexit, che fa presagire la volontà fare le cose

insieme. Da parte nostra, garantiamo una spinta dal mondo

del lavoro, è questo il messaggio forte che in queste tre

giornate vogliamo lanciare alla politica”.

Rassegna Com’è la situazione a due anni di distanza dal vostro congresso di Parigi?

Visentini Ancora adesso la prima urgenza è quella degli investimenti. E insieme a questo bisogna pensare

a quella che noi abbiamo chiamato ‘transazione giusta’. Significa fronteggiare le sfide epocali della

globalizzazione e le trasformazioni del mercato del lavoro con un piano straordinario che preveda anche

nuovi strumenti finanziari.

Rassegna Poi c’è la questione salari, la Ces ha lanciato una grande campagna su questo tema…

Visentini Sì. I salari sono crollati miseramente in dieci anni. E se insieme a questo dato, ci ricordiamo che

il prodotto dell’Europa si basa per il 70 per cento sui consumi interni, allora è evidente che le

conseguenze sono disastrose. Al contrario, dobbiamo far convergere i salari verso i livelli più elevati e il

Leggi tutto: http://www.rassegna.it/articoli/la-svolta-necessaria-delleuropa

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I messaggi di Draghi a Italia e Germania

Il numero uno della Bce ci dà ancora tempo. E parla di crescita prioritaria. Poi richiama Berlino alla

garanzia dei depositi europei. Ma propone anche più poteri di controllo alla Commissione su riforme

strutturali.

di Giovanna Faggionato

Abbiamo ancora margine di manovra, ma non più giustificazioni. Il presidente della Banca centrale

europea (Bce) Mario Draghi, in audizione di fronte alla commissione Affari economici del parlamento di

Bruxelles, tra agguerriti europarlamentari tedeschi e greci, ha dato ai Paesi come l’Italia, con alto debito e

poca crescita, ancora tempo. Perché è «veramente troppo presto», ha spiegato, per mettere fine al

programma di stimolo della Bce. Nessuna resa dunque a chi invoca ormai da mesi il tapering, l’aumento

dei tassi di interessi, nessun cedimento al pressing costante di chi critica la politica di Francoforte – tra i

quali diversi europarlamentari presenti – pensando già a chi potrà guidarla nel 2019. Ma invece la

determinazione di accelerare sulla via dell’integrazione europea e sulla convergenza delle sue economie.

E proprio per questo nel discorso del banchiere centrale si possono leggere messaggi sia a Berlino che a

Roma.

In Germania il pressing su Draghi è in corso da mesi. E non cambiano le argomentazioni, la sfiducia nella

capacità degli altri Paesi di riformarsi, ma soprattutto nell’imparzialità della Bce. Tanto che il banchiere

centrale, oltre a difendere la necessità di mantenere il Quantitative easing, si è ritrovato per l’ennesima

volta a dover spiegare di fronte agli eurodeputati che il programma di acquisti non avvantaggia nessun

Paese rispetto a un altro, mentre con il rialzo dei tassi i Paesi a «elevato debito e bassa crescita» si

troveranno a pagare «un conto più alto sugli interessi». E questi Paesi, di cui l’Italia è esempio perfetto,

secondo Draghi devono fare politiche di bilancio, ma soprattutto «di crescita».

POLITICHE DI CRESCITA PIÙ CHE DI BILANCIO. Sembrano termini casuali, ma proprio nelle

raccomandazioni all’Italia di una settimana fa l’esecutivo Ue per la prima volta aveva inserito la crescita

come obiettivo a fianco della riduzione del debito. E quindi in realtà il riferimento di Draghi è nel solco di

una svolta, tardiva ma reale, che ha preso piede a Palazzo Berlaymont. E che regala all’Italia un

importante sponda. In più Draghi è tornato a spingere sulla garanzia unica dei depositi europei, quella che

Berlino blocca ormai da più di un anno. Un nodo cruciale per l’Italia perché utile anche a disinnescare il

legame ancora pericoloso tra debito sovrano e titoli bancari. Che, e qui il messaggio era rivolto a Roma, è

ancora rischioso.

«UNIONE MONETARIA INCOMPLETA». Il discorso di Draghi è stato un assist per il rilancio

dell’integrazione europea, su cui il nuovo asse franco-tedesco sembra avere scommesso seriamente, ma

anche un’ultima allerta all’Italia. «È venuto il momento di definire come sarà il futuro», ha detto di fronte

agli eurodeputati, «in un modo più chiaro e con una visione». Ma per arrivarci servono sforzi da entrambi

lati di quella unione monetaria che lui stesso ha definito «fragile e incompleta».

Draghi ha evitato di esporsi sul delicato dossier del voto italiano e soprattutto sull’idea di fissarlo nel

mezzo della presentazione della manovra finanziaria a Bruxelles. Ma ha usato parole chiarissime sulla

necessità di un maggiore controllo centralizzato sulle riforme strutturali dei Paesi europei. «Non esiste

una capacità fiscale di bilancio dell’Eurozona e la capacità di bilancio è un concetto inerente a qualsiasi

unione monetaria», ha osservato. «Ho detto molte volte che per arrivare alla condivisione dei poteri di

bilancio ci deve essere fiducia reciproca». E ancora più chiaramente: «Non ci possono essere

perennemente trasferimenti di risorse, debitori perenni e creditori perenni».

PIÙ POTERI ALLA COMMISSIONE. Draghi ha riconosciuto che attualmente i Paesi europei sono

troppo divergenti e per avvicinarli ha ribadito la necessità di riforme strutturali. E quando un eurodeputato

gli ha chiesto se non ci deve essere un monitoraggio maggiore sulle riforme, magari fissando obiettivi di

crescita potenziali, il presidente del board Bce ha proposto la sua via e cioè aumentare i poteri di controllo

della Commissione sulle riforme portandoli allo stesso livello di quelli sui conti pubblici, integrandoli di

fatto nel monitoraggio e nel sistema di raccomandazioni specifiche del semestre europeo. E creando un

sistema di confronto tra le riforme attuate dei vari Paesi. «Le riforme nazionali», ha aggiunto, «non sono

più una questione nazionale».

TOLTI GLI ALIBI AI FALCHI, MA… Così facendo ha tolto ogni alibi alle critiche tedesche, ha

inquadrato il discorso in modo che il confronto sia alla pari e quindi siano valutate anche le riforme in

corso e la Germania non si riforma dalla metà degli Anni 2000, ma ha anche congelato la discussione

sulla condivisione dei debiti. L’Eurotower sta studiando un progetto di cartolarizzazione che metterebbe

Leggi tutto: http://www.lettera43.it/it/articoli/economia/2017/05/29/i-messaggi-di-draghi-a-italia-e-germania/211049/