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Sisma ritardi e pressapochismo, le casette dove sono?

n-ONNA-large570 Tante promesse, decine di visite di autorità istituzionali in tour nelle zone terremotate con corollario di rassicurazioni sulle procedure snelle, sulla rapidità delle decisioni. Solo un modo come un altro per mettersi in vetrina, mettersi a posto la coscienza, guadagnare qualche titolo in prima pagina, null’altro. In tanti sapevano come la realtà fosse un’altra, di come una Protezione Civile duale, un commissario calato dall’alto, non per meriti acquisiti sul campo o per capacità particolari, ma per riportarlo in auge dopo alcune vicende giudiziarie conclusesi positivamente, non potevano non generare i ritardi ingiustificabili nelle verifiche di agibilità degli edifici, le lungaggini burocratiche e decisionali sull’acquisizione delle casette da sistemare nei centri colpiti dal sisma, così da far allungare i tempi molto oltre il dovuto con serie preoccupazioni sulla disponibilità dei fondi utili alla ricostruzione post sisma. La solita  ricetta italiana fatta di faciloneria, pressapochismo, assenza di metodo, sovrapposizioni di poteri, burocrazia asfissiante e una politica inadeguata e parolaia, capace solo di fare passerella sulle rovine del Paese. Così tutto si sgretola, il tessuto sociale, le comunità, i territori saranno devastati dall’esodo e dall’abbandono di quanti non vorranno o non potranno aspettare  i tempi biblici di questo sistema Paese. E allora, chissà per quanto ancora gli anziani giocheranno a carte nelle stanze d’albergo e i bambini faranno i compiti nella hall di un residence? Il controesodo verso i borghi dei Sibillini, lasciati con le valigie chiuse in fretta dopo l’apocalisse del 24 agosto o gli scossoni di fine ottobre, è un orizzonte ancora sfumato, tanto che i sindaci cominciano a spazientirsi. «Primavera s’era detto e primavera dev’essere», dicono alcuni di loro. Ma nessuno crede più alle promesse che rimbalzavano a fine estate nelle tendopoli di Arquata o nei campi d’emergenza allestiti a Visso e dintorni nell’autunno del cratere allargato. «Sei o sette mesi al massimo e tornerete nei villaggi delle casette di legno», garantivano all’inizio di settembre i politici regionali e il commissario per la ricostruzione Errani in visita nell’entroterra piceno scosso dal terremoto. «Sei mesi e tornerete qui», era il refrain ripetuto nei comuni dell’alta Valnerina per convincere quei montanari che non volevano andarsene a salire sui pullman per la riviera.