Da Infolampo: Studenti – Immigrati
«Vogliamo diritti!», al via la campagna degli studenti
Iniziativa lanciata da Udu e Rete degli studenti medi. “Il lavoro torna ad essere un tema centrale
nel dibattito pubblico. Vogliamo dire la nostra con una campagna che dia voce ai bisogni degli
studenti, alla nostra voglia di diritti”
Parte, con un blitz di questa notte a Montecitorio, la campagna ‘Vogliamo diritti! In bilico tra
studio e lavoro, oltre precarietà e sfruttamento’. L’iniziativa è stata lanciata da Udu e Rete degli
studenti medi. “Il lavoro torna ad essere un tema centrale nel dibattito pubblico. I dati
sull’occupazione rimangono sconfortanti e la nostra
generazione non sembra poter immaginare un futuro in
Italia – scrivono gli studenti -. Da qui l’esigenza di dire la
nostra con una campagna che dia voce ai bisogni degli
studenti, alla nostra voglia di diritti”.
“Gli studenti universitari sono tra le figure che, durante e
dopo gli studi, più sopportano il peso delle politiche che
hanno precarizzato il lavoro, della liberalizzazione
selvaggia dei voucher, di un tessuto imprenditoriale
incapace di valorizzare soggetti altamente formati –
dichiara Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale
dell’Unione degli Universitari -. E’ necessario agire sul
mercato del lavoro, a partire da quegli aspetti che più ci
riguardano come universitari”.
Giammarco Manfreda, coordinatore della Rete degli Studenti Medi le fa eco: “ Sono migliaia i
casi di studenti che frequentano le nostre scuole e che sono costretti a cercare lavori, spesso nel
periodo estivo, che permettano loro di continuare il percorso di studi. Lavori contrassegnati dalla
precarietà e dallo sfruttamento. Siamo estremamente convinti che il mondo della formazione non
debba essere rivolto solo ed esclusivamente alla preparazione asettica di quelli che saranno i
lavoratori del domani, ma che il mondo dell’istruzione e quello del lavoro debbano trovare una
sinergia fondata sulla centralità dell’apprendimento e sulla garanzia che questi percorsi siano
stabili e tutelati sotto ogni punto di vista”.
Concludono infine Manfreda e Marchetti: “Con questa campagna, inoltre, vogliamo anche
sostenere i Sì ai referendum su voucher ed appalti. Questi temi ci toccano da vicino, riguardano il
nostro presente ed il nostro futuro”.
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Sisma: guida operativa ai
principali provvedimenti
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www.eguaglianzaeliberta.it
Senza immigrati troppo vecchi per crescere
Italia e Giappone sono i paesi con più anziani e non compensano abbastanza con immigrati, da noi
l’8,3% contro oltre il 13 di Usa, Canada, Germania, G.Bretagna, Francia, Spagna. Questo influisce sulla
crescita che resta bassissima e sull’alto debito pubblico
di Nicola Cacace
Shinzo Abe, primo ministro giapponese, è salito agli onori della cronaca per aver dato il suo nome ad una
nuova teoria, Abeconomics, consistente nella massiccia iniezione di capitali pubblici nell’economia,
senza risultati apprezzabili sulla crescita. Anche l’Italia può lamentare decenni di risultati negativi sulla
crescita pur avendo aumentato il debito. Due paesi geograficamente e culturalmente lontani, appaiono
vicini per risultati socio-economici.
Quali sono i paesi col più basso indice di natalità? Giappone, 1,3 figli per donna e Italia, 1,4 contro una
media mondiale di 2,0. Quali sono i paesi più vecchi del mondo? Giappone, 46 anni di età media ed Italia
45, contro una età media mondiale di 30 anni. Quali sono i grandi paesi dall’economia più stagnante da
decenni? Italia, la cui crescita media è stata zero % dal 2000 al 2015 e Giappone, la cui crescita media è
stata dello 0,8% nello stesso periodo. Contro una crescita mondiale media del 3,5%. Quali son o i grandi
paesi col più alto debito pubblico al mondo? Giappone col 240% del Pil ed Italia col 130%. Quali sono i
paesi col più basso livello di IDE, investimenti diretti esteri? Nell’ultimo decennio sia in Italia che in
Giappone gli IDE in entrata sono stati inferiori all’1% dei rispettivi Pil. Quali sono i grandi paesi
industriali col più basso numero di stranieri immigrati? Giappone col 2% ed Italia con l’8,3%, contro
valori medi moto più alti di altri grandi paesi, per esempio Usa, Canada, Germania, G.Bretagna, Francia,
Spagna, tutti superiori al 13%.
La mia tesi è semplice. La stagnazione economica dell’Italia ha molte cause, a cominciare dalla
inefficienza della pubblica amministrazione e della giustizia, per finire ad un capitalismo industriale
familiare ed asfittico. La causa numero uno del declino economico è la bassa natalità ed il conseguente
invecchiamento che danneggia sia la domanda che l’offerta e quindi il Pil e l’occupazione. Dal lato della
domanda il Pil è fatto per circa tre quarti di consumi ed i consumi degli ultrasessantacinquenni, abitazioni,
abbigliamento, mobilità, alimentari, con l’eccezione dei farmaci, sono meno della metà di quelli della
popolazione più giovane. Dal lato dell’offerta nella società digitale la maggioranza delle innovazioni è
fatta dai giovani ed infatti l’Italia è un paese a bassa innovazione che non riesce a dar lavoro neanche ai
suoi giovani che sono la metà di trent’anni fa. Da tutti i dati emerge con chiarezza che l’eccessivo
invecchiamento mette in crisi l’economia di un paese, a meno di non compensarla con flussi immigratori
paralleli ed intelligenti, come ha fatto ad esempio un altro paese a bassa natalità e molto vecchio, la
Germania (45 anni di età media), che ha migliorato la condizione demografica prima con massicce
immigrazioni di italiani, spagnoli e turchi, poi di siriani, afgani, africani ed oggi ha una quota di
immigrati superiore al 15% della popolazione.
E l’Italia come pensa di rimediare ai danni del suo invecchiamento? Con la precarietà crescente dei
giovani senza futuro e senza figli e con le paure anti immigrati che non si abbassano neanche davanti al
fatto che 4000 Comuni su 8000 sono in via di spopolamento e destinati a divenire Comuni fantasma? Ai
posteri l’ardua sentenza.
Il futuro demografico del paese è addirittura peggiore del presente, perché la natalità sembra
ulteriormente ridursi anziché aumentare – nel primo semestre di quest’anno sono nati meno bambini
rispetto allo stesso periodo di un anno fa – e perché un forte sentimento anti immigrazione avanza sotto la
spinta degli sbarchi continui dal Mediterraneo che impauriscono la gente, anche per la propaganda di odio
anti immigrati diffusa dai partiti populisti. Il tutto favorito dal fatto che pochi conoscono i danni che un
invecchiamento della popolazione da bassa natalità e bassa immigrazione, producono sul sistema
produttivo e previdenziale. Sono uscite di recente due “previsioni demografiche al 2050 a migrazioni
zero” elaborate da Eurostat e dal prof.Livi Bacci che non hanno avuto circolazione mediatica. Il quadro
che ne esce è nero non tanto per le riduzioni di popolazione da 10 a 14 milioni, quanto per l’ulteriore
invecchiamento. L’Italia, paese ad alta intensità abitativa, potrebbe vivere bene con 10 milioni in meno,
ma non con 12 milioni di giovani in meno e 2 milioni di anziani in più .
L’età media della popolazione passerebbe dagli attuali 45 a 53 anni e l’indice di dipendenza anziani
(rapporto tra popolazione di 65 anni e più e popolazione di 15-64 anni) passerebbe dall’attuale 34% al
43%, che decreterebbe il tracollo definitivo dell’assetto socio-economico.
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