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Da Infolampo: Emergenza soaciale – Populismo

OLYMPUS DIGITAL CAMERAL’emergenza sociale si affronta anche con investimenti

su conoscenza

Governo ricostruisca su questi temi un terreno di confronto

“L’emergenza occupazionale nel nostro Paese sta assumendo sempre più le caratteristiche di

un’emergenza sociale, che colpisce prevalentemente una generazione, quella dei giovani, ormai

schiacciati da un tasso di disoccupazione del 40%. Per invertire la tendenza occorre investire

concretamente sui processi di istruzione e

formazione: il Governo ricostruisca su questi temi un

terreno di confronto con le forze economiche e

sociali”. Così il segretario confederale della Cgil

Giuseppe Massafra commenta i dati Istat diffusi oggi

e l’annuncio del ministro dell’Istruzione,

dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, di un

Piano in 10 azioni per una scuola più aperta,

inclusiva e innovativa.

Per il segretario confederale “se non si individuano

subito soluzioni concrete, mettendo al centro della

discussione politica il tema della condizione dei

giovani, il nostro Paese avrà irrimediabilmente

ipotecato il proprio futuro”. “Si tratta di decidere oggi

quale debba essere la direzione di marcia per

invertire la tendenza – continua Massafra – e questa

non può che passare dall’acquisizione della consapevolezza che investire sulla conoscenza sia

uno dei capisaldi essenziali per costruire un’idea di sviluppo che punti sulla qualità”.

“Affermare un sistema di conoscenze adeguato – spiega il dirigente sindacale – significa garantire

un investimento concreto sui processi di istruzione, formazione e acquisizione delle competenze

che punti sulla via alta dello sviluppo, ma al tempo stesso – sottolinea – sollecitare il sistema

d’impresa e il sistema pubblico a diventare sempre più ricettivo nel riconoscimento e nella

valorizzazione di tali competenze”.

“Quello che occorre – conclude Massafra – è innanzitutto ricostruire un terreno di confronto e

partecipazione che coinvolga l’insieme delle forze economiche e sociali per l’individuazione

degli indirizzi strategici e per la loro concreta realizzazione”.

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conoscenza/

Pesaro Urbino, parte la

campagna per il sì

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Il populismo tra malessere economico e disagio culturale

Non passa giorno che non si faccia riferimento al populismo per spiegare fenomeni che sono molto

diversi tra loro o per definire l’atteggiamento e le caratteristiche di partiti, movimenti e contesti politici

anch’essi molto spesso profondamente diversi tra loro. In realtà, la questione di cosa sia e in cosa

consista effettivamente il populismo è aperta, anzi apertissima.

di Debora Di Gioacchino

Gli elementi a cui si fa più frequentemente riferimento per caratterizzarlo sembrano essere il sentimento

anti-establishment, l’autoritarismo e il nazionalismo. La filosofia populista esalterebbe le virtù della

“gente comune” in opposizione alle élite (in cui rientrano non solo i politici, ma anche i rappresentanti dei

poteri economici e finanziari e gli intellettuali) viste come corrotte e disoneste.

Il popolo è concepito come un’entità collettiva caratterizzata da condizioni comuni o da un condiviso

sistema di valori. Gli interessi del popolo (“noi”) si contrappongono a quelli degli altri (“loro”)

esasperando il conflitto e banalizzando la molteplicità degli interessi in conflitto. Per le sue composite

caratteristiche a molti il populismo appare non riconducibile alla distinzione tra destra e sinistra ed è

considerato compatibile con entrambe. Cruciale è, al riguardo, l’elemento di volta in volta considerato

unificante: se è l’identità culturale, etnica e religiosa, allora il populismo sarà “di destra” e prenderà forme

razziste e nazionaliste; se invece è la condizione economica dei meno abbienti, allora il populismo sarà

solidaristico e “di sinistra”.

Più precisamente, secondo alcuni (ad esempio N. Urbinati “Il populismo come confine estremo della

democrazia rappresentativa. Risposta a McCormick e a Del Savio e Mameli”, MicroMega, 2014) il

populismo rappresenta una modalità di opposizione alla democrazia rappresentativa che auspica una

gestione diretta del governo da parte del popolo, anziché in nome del popolo ed è intollerante rispetto alle

“lentezze” derivanti dalla separazione dei poteri e ai “controlli e contrappesi” istituzionali. Secondo altri,

(McCormick, “Sulla distinzione fra democrazia e populismo”, MicroMega 2014; Del Savio e Mameli , “Il

populismo è democratico: Machiavelli e gli appetiti delle élite”, MicroMega 2014) il populismo sarebbe,

invece, una reazione disperata, necessaria per rendere gli attuali sistemi elettorali rappresentativi più

genuinamente democratici.

In questa lettura – che rimanda anche ai Discorsi di Machiavelli – il populismo sarebbe quindi la reazione

del popolo contro le ristrette oligarchie che controllano in maniera diretta il potere economico, finanziario

e politico e i cui interessi sono molto spesso lontani da quelli della stragrande maggioranza della

popolazione.

Le diverse concezioni del populismo nascono, dunque, anche dalle differenze nell’individuazione delle

sue cause di fondo. Secondo l’opinione prevalente alla radice del populismo vi sono le difficoltà

economiche di strati sempre più ampi della popolazione (il cosiddetto declino delle classi medie, in

particolare). Secondo un’altra opinione, invece, il fenomeno avrebbe cause di carattere culturale. Più

precisamente, si tratterebbe di una reazione diretta a difendere e riaffermare valori messi in pericolo

dall’evoluzione delle politiche e della società.

Questa contrapposizione tra cause economiche e culturali nella spiegazione di comportamenti collettivi e

di rilevanti scelte di policy non è nuova. Ad essa ha, ad esempio, fatto riferimento molti anni fa J.E.

Roemer (“Why the poor do not expropriate the rich: an old argument in new garb”, Journal of Public

Economics, 1998) per spiegare “perché i poveri non espropriano i ricchi”. Il motivo sarebbe legato

all’attenzione riservata alla dimensione valoriale nella competizione elettorale che distoglierebbe

l’attenzione dal conflitto economico.

Per iniziare a fare un po’ di chiarezza in tutta questa complessa materia è molto utile un recente lavoro di

R.F. Inglehart e P. Norris (“Trump, Brexit, and the Rise of Populism: Economic Have-Nots and Cultural

Backlash”, HKS Faculty Research Working Paper Series n. 16-026 2016). L’analisi di Inglehart e Norris

fornisce spunti interessanti per ragionare sul populismo e sul suo diffondersi in Europa e nel mondo; in

particolare, esso ha il pregio di discutere teoricamente e documentare empiricamente l’esistenza di varie

forme di populismo e di indagare le cause che portano gli individui a dare sostegno politico a partiti

populisti.

A proposito della natura del populismo, Inglehart e Norris argomentano – in linea con le opinioni già

richiamate – che il populismo non è un’esclusiva dei movimenti e partiti di destra, piuttosto sarebbe una

dimensione ortogonale a quella tradizionale destra/sinistra. Nella loro concezione, la dimensione

“orizzontale” destra/sinistra si riferisce prevalentemente all’aspetto economico e, in definitiva, alla

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