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Senza un piano per il lavoro, ci sarà l’Apocalisse!

biologico-cinaGli italiani sono tornati a fare un po’ di festa pur permanendo grandi preoccupazioni in ordine all’economia, alla sicurezza e soprattutto al lavoro. Dopo tutto negli ultimi tempi di fronte ad eventi e sciagure annunciate, dall’uscita della Gran Bretagna dall’UE, al voro americano pro Trump, al verdetto sul referendum italiano, di apocalissi autentiche non ne sono capitate. La vera unica disgrazia è la consueta incapacità, dei governi in carica ad affrontare l’emergenza lavoro innanzitutto e poi a ruota tutto il resto dell’italico sistema che non va, dalla burocrazia, al sistema industriale debole, alle banche “non banche” incapaci di affrontare il mercato e le trasformazioni in atto perché prive dei mezzi necessari, spolpate da anni di cattiva e clientelare gestione. Così non ci si accorge nel frattempo dei pericoli derivanti dalla scadenza dell’art. 15 del protocollo di adesione della Cina al Wto, l’organizzazione mondiale del commercio. Cosa significa e cosa comporterà per noi italiani in particolare? La Cina entrò a far parte  del circuito mondiale del commercio nel 2001, soo come paese “surrogato”. Di fatto non veniva riconosciuta, la Cina, come economia di mercato, tant’è che i suoi prodotti venivano prezzati sulla base dei costi di produzione di un paese terzo. L’accordo del 2001 sarebbe stato rivisto, come d’intesa tra le parti, trascorsi 15 anni, scaduti esattamente l’11 dicembre scorso, ed ora i cinesi pensano sia l’ora del riconoscimento della loro economia come economia di mercato. Bene, ma a questo punto la conseguenza primaria è la cancellazione di gran parte dei dazi protettivi antidumping. Così in pochissimo tempo avremo una nuova massiccia invasione di prodotti cinesi a basso prezzo sui nostri mercati e la contemporanea perdita di milioni di posti di lavoro. Non a caso le reti commerciali cinesi sono in espansione e sono sotto gli occhi di tutti i grandi centri commerciali per operatori solo cinesi pronti ad accogliere la nuova messe di merci. Solo nel nostro paese una tale eventualità porterebbe alla soppressione immediata di almeno 500 mila posti di lavoro e alla chiusura di interi rami produttivi aziendali, nel settore dell’acciaio, delle ceramiche, degli accessori. Purtroppo il mercato del lavoro non dovrà scontare il prezzo del gigantismo produttivo dell’economia cinese. Il decennio prossimo si apprestano a chiudere fino alla metà degli attuali sportelli bancari, con conseguenti esodi, licenziamenti e costi aggiuntivi per le casse dello Stato. Solo Unicredit per riequilibrare i conti ha annunciato un piano esuberi da 14 mila posti, Poste avanza con un piano tarato sui 10, 15 mila posti in parte già portato a compimento. In campo Europe con il piano delle liberalizzazioni si potranno creare opportunità, ma allo stesso tempo nel settore dei servizi molti lavoratori andranno in pensione e non saranno sostituiti. Il governo, il premier, invece di dimettersi dopo aver perso un referendum sulla modifica della carta costituzionale e aver passato la mano ad un esecutivo fotocopia per arrivare alle elezioni, avrebbe dovuto pensare agli italiani, varare un piano almeno decennale per il lavoro, un piano di investimenti pubblici e di tagli pesanti alla spesa pubblica improduttiva. I giovani non trovano più lavoro da tempo e quando lo trovano, sgobbano più dei loro coetanei in europa, pur essendo pagati molto peggio.

ARES