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Da Infolampo: Lavorare invecchia … – Voto no, perchè si…

lavorarestancaLavorare invecchia, soprattutto in Italia

Al contrario di altri paesi europei, in Italia le fasce d’età più avanzate sono le sole nelle quali

l’occupazione cresce. È come un esercito senza rimpiazzi. Le sue dimensioni si capiscono meglio se

guardiamo ai numeri assoluti: dall’inizio della crisi a oggi, l’Istat registra 625mila occupati in meno; ma

ci sono al lavoro centomila ultrasessantacinquenni in più, e ben 1,23 milioni di occupati in più tra i 55 e i

64 anni.

di Roberta Carlini Reportage pubblicato dal settimanale Internazionale.

“Siamo in otto, ai forni. Io, che faccio 60 anni quest’anno. Un collega più grande, ne ha 61 e deve stare

altri due anni qui. Poi uno di 58 e un altro di 55”. La squadra

dei forni alle fonderie Zen, in Sant’Agostino di Albignasego

(provincia di Padova) è fatta per metà da operai sopra i 55

anni. Ce la presenta Diego Panizzolo, che è il secondo per età

e precisa: ci sono anche “due ragazzi di 50-51 anni”, e infine

due giovani veri, uno di 38 e l’altro di 35.

In letteratura, e nelle direttive sui buoni propositi europei, lo

chiamano “age management”, quel fenomeno che

richiederebbe di adeguare tutto il nostro universo del lavoro

all’invecchiamento dei suoi protagonisti, i lavoratori. In

pratica, spesso funziona come nella fonderia di Panizzolo,

alle prese da quasi dieci anni con un abbattimento dell’ordine

dei due terzi della materia fusa e colata che esce dalla

fabbrica e dunque con una crisi che ha quasi chiuso le entrate:

i più anziani restano sulle mansioni più dure. “Bisogna

caricare i forni, metterci dentro il materiale ferroso, pulirli

dalle scorie tutti i giorni: è un lavoro pesante, in tanti lo

rifiutano”.

Diego e la sua squadra di tute blu-grigio sono un piccolo

avamposto, nella terra di lavoro del nordest, dell’avanzata più grande e crescente che sta cambiando la

faccia del mercato dell’impiego. L’allungamento della vita, e della vita lavorativa, non è un fatto solo

italiano. Anzi, a guardare i numeri sembra che siamo sotto la media: 48,2 per cento il tasso di

occupazione della fascia d’età tra i 55 e i 64 anni in Italia, 53,3 per cento quello della media Ue.

Ma il ritmo di incremento è stato impressionante negli anni della crisi che ha rarefatto gli ingressi e delle

riforme pensionistiche che hanno chiuso le uscite: dal 2008 al 2015 l’occupazione di quella fascia d’età è

cresciuta in Italia di quasi quattordici punti percentuali, contro gli 11 della media nell’Unione europea.

Sale anche l’occupazione della fascia immediatamente successiva, quella tra i 65 e i 69 anni: adesso è

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Una Carta per il dialogo sociale

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“Voto no perché si”: le ragioni di una staffetta partigiana

Acquacanina è il più piccolo borgo delle Marche, ai piedi delle vette più alte dei Monti Sibillini, su cui

l’altra notte sono caduti i primi fiocchi di neve. Qui vive per diversi mesi all’anno, nella casa natale della

madre, Nunzia Cavarischia, classe 1929, staffetta partigiana ad appena 14 anni, un padre antifascista,

prima arrestato e poi schedato dal fascismo, autentica memoria storica della Resistenza da queste parti.

La partigiana, perché partigiani si resta per tutta la vita quando si è creduto in quegli ideali, mi accoglie

in casa insieme al resto della delegazione: con me ci sono Matteo Petracci, ricercatore e storico, autore

di “Pochissimi inevitabili bastardi” e “I matti del Duce”, e da Lorenzo e Lucrezia dell’Anpi di Macerata,

anime della militanza antifascista da queste parti.

di Gabriele Mastroleo

Nunzia mescola nei suoi discorsi i ricordi che ha del padre e della madre, con quelli dei compagni

dell’epoca con una lucidità e una consapevolezza di quello che hanno rappresentato quei mesi in

montagna davvero disarmante. Parla della madre gravemente malata la quale spiegò all’infermiera che gli

anni più belli della sua esistenza furono proprio quelli della Resistenza. Narra degli ultimi giorni prima

della Liberazione, di quello che avvenne subito dopo. Di Dora, una ragazza russa internata nella vicina

Caldarola, da dove è fuggita e si è poi unita ai partigiani; di Hans, un soldato austriaco fatto prigioniero

dalla brigata di cui Nunzia faceva parte, che passa con la Resistenza; di Peter Ivanovic, prigioniero

sovietico ed dei tedeschi, che una volta liberato dai partigiani si unisce a loro e viene poi ucciso subito

dopo l’eccidio di Montalto,pagina buia e tristemente nota della repressione fascista nei giorni della

Resistenza nell’Alto Maceratese.

Queste vicende vengono raccontate in un volumetto, “Memorie di una staffetta partigiana”, scritto da

Nunzia Cavarischia diversi anni fa, e testimoniano ancora una volta il meticciato e l’eterogenea

composizione non solo politica, ma anche nazionale ed etnica della Resistenza, che l’ex staffetta

partigiana riassume così: “In quel momento, c’era solo da cacciar via i tedeschi e l’obiettivo era comune”.

Viene poi messo anche in risalto il contributo delle popolazioni locali: “I contadini ci hanno aiutato tanto

perché in ogni famiglia c’era un figlio, un fratello o un parente che stava coi partigiani”.

Partigiana della Costituzione e fiera sostenitrice dell’Europa unita, Nunzia non ha dubbi su quel che farà il

prossimo 4 dicembre al referendum: “Voto no, perché si”, sorride. Quindi argomenta il suo pensiero: “La

Costituzione che abbiamo andrebbe applicata come si deve, altro che riformata. Per molti anni, tanti punti

non sono stati applicati”. Allarga poi l’orizzonte del suo ragionamento: “L’Europa unita è un concetto che

mi piace, ma è un momento brutto per tutti”. E si lascia andare quindi a una battuta dal retrogusto amaro:

“La Gran Bretagna per me ha sbagliato, ma se io avessi trent’anni di meno, per come stanno le cose, me

ne andrei in Nuova Zelanda”, dice Nunzia, indicando una delle cartoline appese nella sua cucina. Quindi

lancia un monito agli euroscettici: “L’Europa unita ha portato settant’anni di pace, credo non fosse mai

avvenuto. Chi vuole uscire dall’Europa ha certe posizioni perché evidentemente non ha mai visto una

guerra”.

Torna infine, ancora una volta, il ricordo del padre, da sempre comunista, che arrivò alla rottura col

partito e a riconsegnare la tessera: “Perché vi racconto queste cose? Non lo so”, dice Nunzia Cavarischia,

sorridendo, ma il senso di quello che afferma sembra in realtà averlo molto chiaro. “Ai miei tempi chi

faceva politica, lo faceva per passione, adesso comanda solo il dio quattrino”, spiega l’ex staffetta

partigiana, che tradotto vuol dire: dietro la politica di oggi, soprattutto ai posti di comando, l’unica cosa

che conta sono gli interessi economici. Già il 25 aprile di quest’anno, nel corso di una cerimonia ufficiale,

lei – assente per motivi di salute – fece leggere queste poche righe: “Non è per questa medaglia, né per

questa Italia corrotta che tanti miei compagni hanno combattuto e sono morti”. Dietro queste parole si

nasconde forse il senso profondo del no al referendum da parte di Nunzia, partigiana della Costituzione.

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partigiana.html