Da Infolampo: Camusso, una patrimoniale ……, – Fertiliday
Una patrimoniale per finanziare il taglio delle tasse sui
salari nazionali
Intervista di Susanna Camusso a ‘La Repubblica’ Pubblicato il 03/09/2016
«Una crescita generale dei salari accompagnata da un piano di investimenti pubblici e privati. Serve
questo per uscire dalla stagnazione, combattere la deflazione, ridurre le diseguaglianze. Per voltare
pagina rispetto alle politiche dell’austerità.. È la ricetta di Susanna Camusso, segretario generale della
Cgil, che boccia il progetto del governo di detassare gli aumenti in azienda legati alla produttività:
«Riguarderebbe una minoranza di lavoratori. Vanno detassati gli incrementi dei contratti nazionali che
interessano tutti».
Camusso, l’Istat fotografa un paese fermo. Com’è l’Italia vista dal sindacato? «Un Paese nel quale
bisognerebbe cominciare a raccontare la verità. Innanzitutto, il
vero drammatico problema dell’Italia si chiama disoccupazione
giovanile. Siamo un Paese che non sta costruendo per le
generazioni future. Anche così si stanno accentuando le
differenze e le diseguaglianze. Sul fronte produttivo c’è ormai
più o meno un terzo delle aziende che hanno innovato, sono
competitive nel mondo, hanno salari dignitosi, partecipazione,
alto tasso di sindacalizzazione. Sono la nostra vetrina sul mondo.
Poi c’è il resto: aziende dipendenti dalla domanda interna che
però è crollata. Un Paese spaccato che avrebbe bisogno di un
obiettivo condiviso, un’idea di Paese come fu per l’euro. Invece
si va avanti con le politiche dei bonus».
Che c’entrano i bonus? «C’entrano perché si affronta tutto con la
logica dell’emergenza Un pò qua, un pò là. Si è visto con gli 80
euro, la gente ha prima pagato i debiti poi si è rimessa a risparmiare. Meglio il bonus maternità o un piano
per creare più asili pubblici? C’è un nodo irrisolto dalle nostre parti: continuare a farci governare
dall’economia e dalle regole o affidare il governo alla politica?».
Perché la politica si sarebbe ritirata? «Ha delegato al sistema finanziario e imprenditoriale di decidere le
nostre prospettive. L’idea di fondo è: noi vi togliamo i vincoli, spetta poi a voi imprese cosa e come fare.
Renzi dice che il problema non è l’economia ma la politica. Ha ragione, il problema è questa politica che
si fa governare dai seguaci di un’ideologia economica sbagliata. Pensi che abbiamo destinato agli sgravi
contributivi per le assunzioni 17 miliardi, il risultato sono 585 mila assunzioni in quasi tre anni. Anziché
assumere i giovani, sono stati assunti i cinquantenni. Bene, ma così è come invitare i giovani a comprarsi
un biglietto aereo e andarsene. Non penso che si possa tornare, con un colpo di bacchetta magica, ai livelli
occupazionali del 2007, ma quando vedo che i giovani medici dei pronto soccorso sono assunti o con
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#FertilityDay, ancora una volta sul corpo delle donne
In un Paese che si fregia di essere civile, l’assistenza andrebbe garantita anche dopo la gestazione,
quando forse ce n’è ancora più bisogno. Perché la condizione di madre deve conciliarsi con tutto il resto
della vita, non da ultimo con il lavoro
di Raffaella Sirena
Cosa contraddistingue una campagna di comunicazione sociale? Quali sono le regole da seguire e con
quali criteri vengono scelte parole e immagini? A giudicare dall’effetto boomerang che si è creato intorno
al trending topic #FertilityDay, immediatamente dopo la diffusione delle locandine commissionate dal
ministero della Salute per promuovere la cultura della fertilità, si può dire che non è stata seguita alcuna
regola, soprattutto di buon senso. Perché la maternità è una cosa seria e andrebbe trattata con garbo e
delicatezza. In un paese che si fregia di essere civile, andrebbe garantita l’assistenza alle donne non solo
prima e durante la gestazione, ma anche dopo, quando forse ce n’è ancora più bisogno, perché la
condizione di madre deve conciliarsi con tutto il resto della vita, non da ultimo con il lavoro.
Tutte sfaccettature e tutti risvolti che sono ignorati se il messaggio istituzionale che si lancia è limitato
all’ansia del tempo scandito da un presunto orologio biologico, se si misura la creatività individuale e di
coppia con la capacità di procreazione e se, da ultimo, si considera la fertilità un bene comune. Non lo è
affatto, un bene comune: la scelta di fare o non fare figli, in che momento e con quale modalità, sono
questioni private che certamente meritano di essere tutelate dal pubblico e non da esso determinate.
L’altro ieri, nel giro di poche ore, sui social è accaduto un vero putiferio. Giustamente. I motivi della
polemica sono diversi e investono più livelli. Va detto e riconosciuto che il Fertility Day non è di per sé
un’iniziativa negativa. Nell’ipotesi in cui la giornata del 22 settembre fosse stata immaginata come
un’occasione per fare informazione medica e orientamento per le donne che desiderano procreare, allora
non ci sarebbe stato tutto questo sdegno.
Ecco, piuttosto che puntare il dito contro le donne che non si sbrigano a fare figli – e, implicitamente,
contro quelle che magari per scelta o per destino non lo hanno fatto –, quello di cui c’è bisogno nel Paese
reale è che le donne siano assistite attraverso politiche lavorative mirate, facilitate nei congedi parentali,
nell’accesso ai contratti part time nei primi anni di vita dei bambini, garantite dai ricatti delle dimissioni
in bianco e del mobbing. In più, se oltre a questo, si favorissero anche le aperture di asili nido aziendali,
male proprio non sarebbe. L’ipocrisia di questa campagna è tutta qui: le implicazioni collaterali
dell’essere madri non sono contemplate. Generare una vita è bello e nobile, ma non è un dogma. Che
senso ha gridare slogan che hanno il sapore di “donne fate figli e fate in fretta” se poi quelle stesse donne
vengono pagate meno dei colleghi uomini a parità di lavoro?
Ma oltre alla questione professionale, non va trascurato della vicenda nemmeno l’aspetto puramente
sanitario e assistenziale: sono state previste agevolazioni per ticket e corsie di prenotazione preferenziale
negli ospedali e nelle Asl per far fronte ai controlli pre-parto? Lo sanno la ministra Lorenzin e il suo staff
che una coppia spende mediamente 1.200-1.500 euro per le visite e gli esami standard, ma che se la
gravidanza è più complessa, se è necessario fare ecografie fetali ripetute a distanza ravvicinata, o servono
medicinali appropriati per il rischio abortivo, la cifra sale, e pure di molto? In molti ci saremmo aspettati
un focus su tali questioni e non annunci grossolani e sbrigativi. Raccontare la fertilità e le sue difficoltà in
modo sensibile è possibile: prova ne sia l’invito che ha rivolto in questi giorni alle donne l’associazione
non profit Gemme Dormienti Onlus con il contest “Cultura e arte in tema di preservazione della fertilità”.
Magari, prendendo spunto da progetti e dall’estro artistico di coloro che la fertilità e l’infertilità la vivono
in prima persona, alla prossima occasione i creativi istituzionali riusciranno a non far irritare nessuno.
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