Il Movimento 5 stelle diventa adulto
A margine della Brexit è avvenuto un fatto che, pur sottolineato da molti commentatori, è passato in
secondo piano di fronte al disastro del risultato referendario. Ricordiamo come al Parlamento Europeo si
ebbe la nascita, praticamente obbligatoria visto che nessuno dei due convolatori a nozze aveva
singolarmente i numeri, di un unico gruppo tra il Movimento 5 Stelle e l’Ukip di Niger Farage. Un abbraccio
da molti definito velenoso per il dna razzista ed estremista del movimento inglese, ma difeso dagli allora
dignitari del Movimento per dovere di patria.
Al momento del referendum su brexit o bremain, in contrapposizione alle deliranti affermazioni dello
spudorato bugiardo Farage, il M5S ha dichiarato ufficialmente di essere a favore dell’Europa, pur se
vorrebbe tenere un referendum sulla moneta unica. Una posizione di grande responsabilità e che chiude a
tutte le polemiche e gli attacchi portati dal PD indirizzati a targare i pentastellati come anti-europeisti.
Peraltro una posizione che fa anche chiarezza una volta per tutte, anche se Grillo pubblicamente affermò
più volte di essere il primo europeista italiano, alcuni distinguo e divagazioni avevano lasciato adito a dubbi,
non ultima proprio l’unione ai dichiarata euroscettici inglesi.
Questo è anche da ritenere un passaggio fondamentale nell’evoluzione del Movimento da forza popolare a
forza di governo, fattore già premiato con le vittorie a Torino e Roma, quindi l’assunzione di posizioni chiare
e forti, ma soprattutto in linea con i tempi e non solo con gli umori popolari del momento. Una evoluzione
che è in atto da tempo dove il segno più eclatante è stata la sparizione del nome di Grillo dallo stemma, con
la parziale spersonalizzazione e l’identificazione del Movimento stesso come forza autonoma.
Una autonomia che non è ancora pienamente compiuta, alcuni punti sono ancora suscettibili di una
ulteriore presa di coscienza, la distinzione semantica tra Movimento e Partito se era importante alla nascita
per distinguersi dalla ‘casta’, non lo è nell’accezione democratica del termine Partito. Un partito politico è la
naturale mediazione tra gli interessi particolari soggettivi e quelli della comunità, non deve essere
identificato come un ammasso di sedi e sperpero di soldi pubblici solamente, come sono adesso invero, ma
come naturale sbocco democratico alla vita politica dei cittadini. Poi nel dna dei desiderata pentastellati ci
sono una infinità di cose giuste, l’assenza di condanne, il limite ai mandati, e così via, sono tutti mezzi che
devono essere inglobati in una politica ‘sana’.
Resta il fatto che il Movimento si è oramai trasformato in un Partito, evoluzione inevitabile con l’assunzione
di ruoli istituzionali, magari sarebbe bene evitare il deleterio correntismo che sta già avvelenando la vita
romana con gli scontri sottotraccia tra Raggi e Lombardi. Ma il passo successivo sarà obbligatoriamente il
distacco dal legame con la Casaleggio, non può esistere un qualunque gruppo di cittadini che sia sottoposto
ad una supervisione di una società privata. Gli eletti devono essere in grado di adempiere i loro doveri
senza nessuna forma di interferenza e sottoposti solo ai voti degli elettori, e sarà altrettanto necessario che
il 5 Stelle si doti piuttosto di strutture tecniche come studi legali e think tank che supportino gli eletti nella
loro attività. Altrimenti risentiremo ancora persone come il pur, normalmente, bravissimo Di Battista, dire
scempiaggini in merito a presunti governi occulti della BCE che chiunque abbia un minimo di cultura
‘tecnica’ europea eviterebbe di pronunciare.
MAURIZIO DONINI