News ItaliaUltimissime Notizie

Da Infolampo: Fermo e il razzismo

Rissa-a-Borgo-IncoronataCgil Fermo: il razzismo si sconfigge anche nei luoghi di

lavoro

“Giorno per giorno nei locali pubblici, nei supermercati, in ogni dove, deve scattare l’indignazione al

primo accenno di razzismo, si devono contestare le menzogne, i luoghi comuni, il sentito dire”. La

prossima settimana grande manifestazione

La morte di Emmanuel, il migrante nigeriano di 36 anni ucciso a Fermo, pone un interrogativo su cosa sta

accadendo nella città e in tutto il paese. “Il malessere, la crisi,

la paura del futuro sempre più diventano terreno fertile per

coltivare odio, razzismo, intolleranza nei confronti dell’altro”.

Inizia così la riflessione di Giusy Montanini, segretaria della

Cgil di Fermo. “Ma chi è l’altro?”, si chiede la sindacalista.

“Alcune forze politiche impunemente alimentano questi

sentimenti, troppo spesso le istituzioni preposte all’ordine

pubblico e alla difesa della legalità, sottovalutano segnali

inquietanti ed atti violenti, troppo poco contrastiamo

atteggiamenti aggressivi e sproloqui sul fenomeno

immigratorio, si tollera l’intollerabile”.

Non è il primo episodio, prima dell’omicidio una serie di azioni

violente ha colpito i parroci che accolgono i rifugiati nella città

fermana. Il fatto inoltre, prosegue il sindacato, “avviene dopo

un altro terribile avvenimento sempre nella nostra città,

l’uccisione di due lavoratori da parte del loro datore di lavoro. La prossima settimana ci sarà una grande

manifestazione in piazza, promossa dalle forze politiche, sindacali, da decine e decine di associazioni, ma

non basta. Giorno per giorno nei luoghi di lavoro, nei locali pubblici, nei supermercati, in ogni dove, deve

scattare l’indignazione al primo accenno di razzismo, si devono contestare le menzogne, i luoghi comuni,

il sentito dire”.

L’ingiustizia non ha colore, per la Cgil, “non ha nazione e l’ingiustizia e le diseguaglianze si combattono

con la solidarietà, con la fratellanza, con la condivisione. Non possiamo col silenzio e l’indifferenza

diventare complici della violenza. Vogliono e alimentano la guerra tra poveri, tutti quelli che

dall’ingiustizia sociale traggono vantaggi e profitti. Non cadiamo in questa trappola, fermiamoli”,

conclude il sindacato.

Leggi tutto: http://www.rassegna.it/articoli/cgil-fermo-il-razzismo-si-sconfigge-anche-nei-luoghi-di-
lavoro

Inps, confronto con il governo

dia risposte ai pensionati

Leggi su www.spi.cgil.it

www.lettera43.it

Emmanuel, l’Italia e l’escalation razzista

Per l’Unar nel 2015 le aggressioni xenofobe nel nostro Paese sono state 57. Ma la stima è al ribasso,

perché in molti non denunciano. Ecco come si propaga l’odio.

di Francesca Buonfiglioli

La tragedia di Emmanuel Chidi Namdi, massacrato da un coetaneo fermano di estrema destra per aver

reagito alle offese e rivolte alla compagna, è un colpo allo stomaco.

Buona parte dell’opinione pubblica ora si indigna accorgendosi che esiste anche nella profonda provincia

italiana il germe dell’odio razziale.

Eppure i casi di aggressioni e violenze a fondo xenofobo aumentano di anno in anno. Ma in Italia non

esistono statistiche complete, né una banca dati di tutti gli gli episodi nonostante sul tema lavorino diversi

enti, a partire dall’Unar.

UNAR: NEL 2015, 57 AGGRESSIONI. Secondo l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della

presidenza del Consiglio non si può parlare di vera e propria escalation: nel 2015 le segnalazioni di

aggressioni fisiche di stampo razzista, dicono a Lettera43.it, sono state 57; 78 se si comprendono anche

quelle verbali. Contro le 56 del 2014.

In Germania, per fare un confronto, secondo le statistiche del Bundeskriminalamt (Bka), l’ufficio

criminale federale, e del Bundesamt für Verfassungsschutz, il controspionaggio, gli episodi di intolleranza

nei confronti degli stranieri sono stati 198 nel 2014 e 817 nel 2015.

I dati Unar sono però raccolti nel contact center e dall’osservatorio media dell’Ufficio e dall’Oscad, il

centro interforze del ministero dell’Interno. Va da sé che non rappresentano la totalità degli episodi che si

stimano essere molto di più.

LA DENUNCIA EUROPEA. A parlare chiaro, invece, è la Commissione europea contro il razzismo e

l’intolleranza che nell’ultimo rapporto 2016 ha sottolineato come le autorità italiane non siano ancora in

grado di raccogliere dati «in modo sistematico e coerente».

«Le fonti principali dei dati sui reati legati al discorso dell’odio», si legge nel report, «sono l’Unar,

l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), la banca dati del sistema di indagine

della Polizia giudiziaria (Sdi), il ministero della Giustizia e l’Istituto nazionale di statistica (Istat). Tali

sistemi non utilizzano tuttavia le stesse categorie e non fanno sempre una distinzione tra il discorso

dell’odio e altri reati riconducibili al razzismo e alla discriminazione razziale».

La tragedia di Fermo, con il suo carico emotivo, ha riacceso i riflettori sulla piaga della xenofobia.

L’opinione pubblica si è commossa per la storia della coppia. Scampati all’orrore di Boko Haram che ne

ha decimato le famiglie, i due ragazzi hanno affrontato le violenze in Libia, attraversato il Mediterraneo,

perso due figli. Sembrava che la loro vita potesse ricominciare in Italia. E invece così non è stato.

SPOSI SENZA DOCUMENTI. Non erano nemmeno sposati ufficialmente, perché al loro arrivo

Emmanuel e Chimiary non avevano documenti. E lei, in assenza di altri famigliari, non ha potuto dare il

consenso per l’espianto degli organi.

La verità, però, è che di Emmanuel e Chimiary ne sbarcano a decine ogni giorno sulle nostre coste.

Fuggono tutti dalla violenza jihadista, dalla guerra e dalla fame. Solo che non hanno nome e finiscono

triturati in numeri e statistiche. Bollati indistintamente come «clandestini», spiega a Lettera43.it don

Giancarlo Perego direttore di Migrantes, associazione che aiuta i profughi a integrarsi in Italia.

Per questo la tragedia di Fermo ora può cambiare qualcosa. E aprire gli occhi.

EMMANUEL COME PABLO. «Hanno ammazzato Emmanuel, Emmanuel è vivo», dice don Perego

parafrasando Pablo di De Gregori.

«Emmanuel è vivo, nella sua famiglia, in sua moglie e nella sua figlia morta in grembo, negli altri giovani

richiedenti asilo accolti nel seminario vescovile di Fermo, nei tanti giovani che sono arrivati o stanno

arrivando in Italia e in fuga soprattutto dall’Africa violentata e offesa da terrorismo, guerre,

sfruttamento», continua, «tocca a noi ora responsabilmente aiutare a guardare a questi volti e a queste

storie con occhi diversi, con parole diverse, con una cura diversa».

La speranza è che questa assurda morte «aiuti le vite degli altri migranti».

Quelle aggressioni relegate alle cronache locali

Quello di Fermo non è un caso isolato.

Ma si tratta di storie che per lo più restano impigliate nelle pagine delle cronache locali.

«ORA TI DO FUOCO». Come quella di un maliano che a Parma, nemmeno un mese fa, è stato

Leggi tutto: http://www.lettera43.it/capire-notizie/emmanuel-l-italia-e-l-escalation-
razzista_43675252596.htm