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Da Infolampo: Fondazione Di Vittorio, fine degli incentivi, fine dell’occupazione; Voucher così fan tutti

altan2gb2Fondazione Di Vittorio: fine effetto incentivi, forte calo

assunzioni tempo indeterminato

Boom voucher. Stabili assunzioni a termine, pari 69% nuovi rapporti di lavoro. Prosegue invecchiamento

occupazione

Calano in modo rilevante i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato, mentre restano stabili le

assunzioni a termine che rappresentano ormai più dei 2/3 dei

nuovi rapporti di lavoro, ed è boom di voucher (+154% rispetto

al primo quadrimestre 2014). Il lavoro precario e instabile resta,

dunque, sempre più la forma assolutamente prevalente di

accesso al lavoro. E il fatto che le nuove attivazioni a tempo

indeterminato siano inferiori non solo al 2015 ma anche al 2014

dimostra in maniera evidente che il vero elemento che ha mosso

le aziende è stato quello degli incentivi”. E’ quanto emerge da

un rapporto della Fondazione Di Vittorio che si pone l’obiettivo

di dare una lettura ragionata dei dati Inps sulle assunzioni

relative al primo quadrimestre 2016.

“Tra i lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi

domestici e agricoli) – si legge nel rapporto – i nuovi rapporti di

lavoro a tempo indeterminato nel primo quadrimestre 2016 sono

stati 432 mila; inferiori non solo a quelli dello stesso periodo del

2015 (666 mila) ma addirittura al 1° quadrimestre del 2014 (483 mila)”. Le assunzioni a termine, restano

invece stabili, pari a circa 1,1 milioni, e rappresentano il 69% dei nuovi rapporti di lavoro. Se si prende

poi a riferimento anche l’andamento dei voucher (+43% rispetto al 1°quadrimestre 2015 e addirittura

+154% rispetto allo stesso periodo del 2014) non si può non notare che il lavoro precario e instabile resta

la forma assolutamente prevalente di accesso al lavoro”.

“Anche le trasformazioni in tempo indeterminato (107 mila) – sottolinea la fondazione della Cgil – sono

in calo sia rispetto al 1° quadrimestre 2015 (‐58 mila) che al corrispondente periodo del 2014 (‐28 mila).

La variazione netta del tempo indeterminato nel 1° quadrimestre 2016 è pari a +73 mila unità, contro

+329 mila del 1°quadrimestre 2015 e le +108 mila dello stesso periodo del 2014”.

Dal rapporto emerge, inoltre, che prosegue l’invecchiamento dell’occupazione: “Nel primo quadrimestre

2016 sono stati instaurati 97mila nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato fino a 29 anni di età,

contro 207 mila dai 40 anni in su (di cui 90 mila sopra i 49 anni)”.

“Per quanto riguarda invece le retribuzioni – sottolinea la FDV Cgil – nel 1° quadrimestre del 2015 sia

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tempo-indeterminato/

“Amministratori sotto tiro”,

tutti in marcia a Polistena

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Voucher, così (non) fan tutti

Negli altri paesi dell’area Ue sono da sempre tracciabili. In particolare in Francia e in Belgio, il ricorso

alle “nuove forme di occupazione” non è illimitato, ma riguarda quasi esclusivamente i servizi alla

persona e le faccende familiari e domestiche

di Lisa Bartoli e Carlo Caldarini

Mentre nel resto dell’Europa, i lavori “accessori” sono stati sempre limitati e tracciabili, l’Italia si

distingue inventando una nuova forma di precarietà per tutti. L’esplosione della vendita dei voucher,

giudicata da tutti quanto meno sospetta, non fa arretrare il governo di un millimetro rispetto all’utilità di

questo nuovo strumento per aiutare lo sviluppo occupazionale. Si va avanti a correggere le procedure,

concentrandosi sulla tracciabilità, come se fosse l’unica causa a rendere inefficace questo strumento di

assunzione. “Gli abusi, pur riconosciuti dall’Inps e dallo stesso governo – spiega Morena Piccinini,

presidente dell’Inca – sono la fisiologica conseguenza di una scelta sbagliata, quella di aver esteso i

voucher a tutti i settori, in modo indistinto, trasformando ogni tipo di lavoro in accessorio, anche quando

non lo è”.

Una critica supportata dal dossier Inps: soltanto nel 2015, sono stati venduti 115 milioni di voucher,

mentre quelli effettivamente riscossi sono stati 88 milioni, con una differenza di 27 milioni; un milione e

380mila sono i lavoratori che hanno percepito almeno un “buono” in un anno (di 7,50 euro, al netto degli

oneri previdenziali), mentre i committenti (le aziende) sono state 473mila. Il dato è ancor più sconfortante

se raffrontato con quello del 2008 (mezzo milione di ticket venduti), anno in cui l’uso del voucher era

limitato alla remunerazione di piccoli lavoretti occasionali di studenti e pensionati, così come era stato

pensato nella riforma Biagi del 2003. Otto anni fa, le persone interessate erano poco meno di 25mila, con

un’età media di 60 anni. Oggi invece l’età si è abbassata a 36 anni e la maggioranza è composta di donne,

mentre gli uomini si attestano al 48%. A dimostrazione che gli argini posti dal legislatore sono stati

ampiamente superati, rivelando un uso indiscriminato e ben lontano dal suo originario scopo, che era

quello di far emergere il lavoro nero.

Così, sotto la spinta di una potentissima ondata demagogica, negli ultimi 15 anni le cosiddette “nuove

forme di occupazione” hanno progressivamente preso il posto del lavoro stabile, a tempo indeterminato.

Nel caso dei voucher, un argomento spesso utilizzato dai suoi sostenitori è “così fanno altri paesi

d’Europa”, con questo intendendo soprattutto Belgio e Francia. Ma è davvero così? Diamo uno sguardo

veloce al funzionamento del sistema dei “buoni lavoro” nei due Stati membri dell’Ue a 28, tra i fondatori

nel 1957 – assieme a Italia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Danimarca – della Comunità europea,

primo vero pilastro della successiva Unione.

Belgio

In Belgio, il sistema dei voucher (Titres-services/dienstencheque) è stato introdotto dalla legge sui lavori

e servizi di prossimità del 20 luglio 2001 ed è diventato operativo per la prima volta all’inizio del 2004.

Obiettivo principale del legislatore era, da un lato, trasformare il lavoro nero in lavoro regolare, creando

condizioni di stabilità per fasce di popolazione difficilmente occupabili e, dall’altro, favorire il ricorso ad

alcuni servizi per una migliore conciliazione tra lavoro e famiglia. Il regime belga riguarda

esclusivamente un numero limitato di servizi domestici, più precisamente le pulizie della casa e la

stiratura. Questa limitazione è stata introdotta perché altri servizi alla persona, come l’assistenza

domiciliare, sono sovvenzionati e regolati attraverso appositi canali professionali, mentre altri servizi

domestici, come il giardinaggio e le piccole riparazioni, devono poter funzionare – secondo il legislatore

– attraverso il mercato del lavoro regolare.

Non solo. Nel paese il voucher non è una moneta direttamente scambiabile tra cliente e lavoratore. Il

sistema belga presuppone una relazione triangolare tra il lavoratore, il datore di lavoro e il

cliente/utilizzatore. In pratica il cliente – che non può mai essere un’impresa – deve prima registrarsi e

acquistare da un’unica società emittente (Sodexho, a partire dal 2014) un certo numero di voucher

(massimo 500 per anno civile) per un prezzo unitario di 9 o 10 euro, secondo i casi. Successivamente, il

cliente sceglie un’agenzia di servizio tra quelle accreditate all’impiego di lavoratori tramite voucher. Un

accordo scritto tra il cliente e l’agenzia specifica in seguito il numero di ore di lavoro da svolgere ogni

settimana. In questo rapporto triangolare, è sempre l’agenzia che gestisce l’invio del lavoratore al

domicilio del cliente, e necessariamente attraverso la stessa agenzia passano tutte le comunicazioni tra

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