Da Infolampo: Libertà di stampa – TTip
Camusso, libertà di stampa sempre più in pericolo
Segretario Cgil scrive a vertici Fnsi alla vigilia ‘Giornata mondiale della libertà di stampa’
Roma, 2 maggio – “La libertà di stampa è sempre più messa in pericolo. In Asia, come in Medio
Oriente, Africa, Sud America, aumentano i regimi che impongono un controllo stringente non
solo sulla diffusione delle notizie ma anche sulle opinioni di editorialisti e opinionisti più o meno
indipendenti, fino alla censura, se non il blocco, dei
social network. La morsa dei regimi colpisce
duramente i giornalisti che, troppo spesso, pagano un
prezzo altissimo per le loro idee e opinioni”. È quanto
scrive il segretario generale della Cgil, Susanna
Camusso, in una lettera inviata al presidente e al
segretario generale della Federazione nazionale della
stampa, Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso, alla
vigilia della XXIII Giornata mondiale della libertà di
stampa.
“Anche nei Paesi democratici – prosegue il leader della
Cgil – l’informazione è sempre più indirizzata e
controllata dal potere politico. Gli strumenti sono meno
rozzi e più sottili, utilizzano la finanza e le sovvenzioni
pubbliche a editori spuri che mischiano informazione e
affari. Il nostro Paese nel 2015 è addirittura al 77°
posto nell’annuale classifica realizzata da RSF, con un
peggioramento rispetto all’anno precedente. A farne le
spese sono i giornalisti che vedono il loro lavoro
sempre più svalorizzato, deprezzato,
decontrattualizzato e non tutelato”.
“Vediamo dunque con favore le vostre iniziative – conclude Camusso – e ci auguriamo che le
istituzioni europee avviino un’iniziativa ufficiale per promuovere la libertà di informazione
dentro e ancor più fuori l’Unione. Auspichiamo inoltre che questa battaglia venga condotta,
unitariamente, anche nel nostro Paese iniziando, a partire dai contratti di lavoro, a dare reali e
concreti diritti e tutele a tutti coloro che operano nel sistema informativo e culturale”.
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LiberEtà di maggio 2016
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Ttip leaks, le carte che scuotono l’intesa Usa-Ue
Accordi commerciali America-Europa, Greenpeace svela 16 documenti segreti: «Washington vuole che
l’Ue aggiri le sue tutele su ambiente e salute». Il dossier.
di Antonietta Demurtas
”La democrazia ha bisogno di trasparenza”, è la scritta che è stata proiettata sulla cupola del Bundestag di
Berlino mentre sui muri scorrevano i documenti sinora riservati del negoziato in corso tra l’Unione
europea e gli Stati Uniti per il Ttip (Partenariato transatlantico sulla liberalizzazione del commercio e la
protezione degli investimenti).
A renderli pubblici non solo sui muri del parlamento tedesco, ma su un sito dedicato, è stato Greenpeace
Olanda che il 2 maggio 2016 alle 11 ha messo online i ‘Ttip papers’.
POSIZIONE USA SVELATA. Si tratta di 16 documenti per un totale di 248 pagine che coprono più di
due terzi del totale dei testi del Ttip, e rivelano al pubblico, per la prima volta, la posizione negoziale
degli Usa.
Finora infatti la commissione europea aveva reso nota solo la sua.
Una trasparenza a metà, che era stata condannata anche dal mediatore europeo Ombudsman, perché i
cittadini potevano seguire i progressi degli incontri tra le due parti, solo avendo a disposizione i
documenti pubblicati dall’esecutivo Ue e non quelli della controparte americana.
NEL MIRINO LE TUTELE UE. Ora, dopo averli consultati e pubblicati, Greenpeace conferma la sua
posizione accusando gli Stati Uniti di un «deliberato tentativo di cambiare il processo decisionale
democratico dell’Ue».
Secondo Jorgo Riss, direttore di Greenpeace per l’Unione europea, «queste carte trapelate ci consentono
uno sguardo senza precedenti sull’ampiezza delle richieste americane, che vogliono che l’Ue abbassi o
aggiri le sue tutele dell’ambiente e della salute pubblica nell’ambito del Ttip».
Bruxelles prova a minimizzare: ma dirà ‘no’ alle pressione americane?
Insomma, «i sospetti di milioni di persone erano fondati», ribadisce Riss durante la conferenza stampa a
Bruxelles.
«Hanno sempre detto che tutti i problemi sollevati erano delle speculazioni, ora finalmente ci sono i
documenti sul tavolo che parlano chiaro».
Un allarme subito ridimensionato dalla commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmström, che ha
definito le rivelazioni del Ttip leaks «una tempesta in un bicchiere d’acqua».
La linea della Commissione è quella di minimizzare la novità della pubblicazione dei documenti.
«FANNO LOBBY DA 20 ANNI». «Che gli americani facciano lobby sugli Ogm lo sapevamo senza
bisogno che ce lo spiegasse Greenpeace, qui a Bruxelles fanno lobby da 20 anni», dice a Lettera43.it con
ironia un funzionario dell’esecutivo Ue.
Sulla denominazioni dei vini, per esempio, «la Commissione ha già fatto sapere che rifiuterà la posizione
degli Usa», ha ribadito Ignacio Garcia Bercero, negoziatore capo dell’Ue per il Ttip davanti alla
pubblicazione dei leaks.
«Gli americani sono così, ci provano, mettono sul tavolo la loro posizione e lo fanno in maniera pesante,
visto che sono gli Stati Uniti», è il commento di un esperto vicino alle trattative, «ma resta all’Ue dire
no».
Questo ‘no’ verrà detto? Non ne sono tanto convinte le associazioni anti-Ttip, «per questo ora che siamo
ancora a metà partita», dice Riss, «è importante conoscere le due posizioni e controllare che l’interesse
pubblico sia garantito».
REGOLE CONSIDERATE BARRIERE. Per riuscirci, la prima cosa da capire, sottolinea Riss, è che «il
Ttip non è un accordo sul commercio, ma sulla riforma del modello regolatorio».
E leggendo le carte, «si nota che la filosofia comune delle due parti negoziali, Ue e Usa, è che la
regolamentazione è considerata una barriera al commercio».
Ovviamente, ammette Riss, ci sono differenze: «L’approccio americano è terribile, quello europeo è
cattivo».
Dai documenti emerge per esempio che, per spingere all’accordo su maggiori importazioni di prodotti
agricoli e alimentari americani in Europa, Washington ‘minaccia’ di bloccare le facilitazioni sulle
esportazioni per l’industria automobilistica europea.
«Il governo americano», si legge in un file, «si affretta a chiarire che i progressi sui componenti di auto
sono possibili solo se l’Ue si muove sulle dogane per i prodotti agrari».
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