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Da Infolampo: Pensioni – Eni in Lucania

petrolio-basilicata_1Pensionati, 19 maggio manifestazione nazionale a Roma

Indetta da Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil, il 7 aprile conferenza stampa sulle motivazioni. No del

segretario Ivan Pedretti all’ipotesi del presidente Inps Boeri di un contributo di solidarietà: “Abbiamo

già dato, basta con l’essere messi sempre alla gogna”

Una grande manifestazione nazionale dei pensionati a Roma su rivalutazione, fisco, reversibilità, welfare

e non autosufficienza. Ad annunciarla sono i sindacati Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil, l’appuntamento è per

giovedì 19 maggio in piazza del Popolo. Le

ragioni e i dettagli della manifestazione saranno

spiegati il 7 aprile in una conferenza stampa.

Botta e risposta, intanto, tra lo Spi Cgil e il

presidente dell’Inps Tito Boeri. Il numero uno

dell’Istituto di previdenza proprio ieri

(domenica 3 aprile) ha ricordato che in Italia,

sul fronte delle pensioni, sono state fatte

“concessioni eccessive che oggi pesano sulle

spalle dei contribuenti”, quindi “sarebbe

opportuno chiedere a chi riceve importi elevati

un contributo di solidarietà per i più giovani”.

Ipotesi che, però, è stata subito bocciata prima

dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio

Tommaso Nannicini e poi dal ministro del

Lavoro Giuliano Poletti, che hanno assicurato

che non c’è alcun contributo allo studio”.

“Boeri pensi a governare bene l’Inps, anziché

spaventare ogni giorno i pensionati italiani con

le sue fantasiose proposte” ha prontamente

risposto il segretario generale dello Spi Cgil

Ivan Pedretti: “I pensionati hanno già dato,

pagando di tasca propria la crisi: è inaccettabile

che siano quotidianamente messi alla gogna. Non bastano le smentite dal governo. Servono chiarimenti

urgenti e un confronto di merito con le organizzazioni sindacali”. Il 19 maggio, ha concluso Pedretti,

saremo in piazza a Roma insieme a Fnp Cisl e Uilp Uil anche per chiedere questo

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ancona_a7011e57-4041-46e4-9905-a5eff65c8655.html

Pensioni, 4 mila in corteo ad Ancona

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www.lettera43.it

«Eni, cresta da quasi 80 milioni sui rifiuti lucani»

Liquidi sversati in Basilicata. Senza controlli. Con «profitti illeciti» di 80 milioni. Così la procura di

Potenza indaga sull’estrazione di idrocarburi. E ipotizza il disastro ambientale. Inquisito anche

l’ammiraglio De Giorgi.

di Alessandro Da Rold e Luca Rinaldi

Praticamente Eni in questi anni in Basilicata si è auto-controllata, con la consapevolezza da parte delle

istituzioni dei danni che poteva causare l’estrazione di idrocarburi nella regione».

Maurizio Bolognetti, radicale, giornalista, tra i massimi esperti sull’estrazione di petrolio in Basilicata,

autore del libro Le mani del petrolio (Reality Book), commenta così a Lettera43.it uno dei filoni

dell’inchiesta della procura di Potenza – che ha portato tra l’altro al caso politico culminato con le

dimissioni del ministro Federica Guidi – che riguarda lo smaltimento dei rifiuti petroliferi del Centro Oli

di Viggiano. E che ha condotto i magistrati e i carabinieri a indagare sull’ipotesi di disastro ambientale.

«GRAVI REATI AMBIENTALI». L’accusa è pesante: «Gravi reati ambientali causati dal management»

del cane a sei zampe che in una nota ha spiegato di voler collaborare con la magistratura e ha confermato

«sulla base di verifiche esterne commissionate dalla società stessa, il rispetto dei requisiti di legge e delle

best practice internazionali».

Eppure questa è una storia che racconta soprattutto della totale assenza di controlli da parte delle

istituzioni locali – talvolta pure conniventi stando alle indagini della magistratura con pressioni per

assumere figli di politici nell’azienda di San Donato – con il rischio concreto di un alto tasso di

inquinamento della zona.

QUASI 80 MILIONI DI «FONDI ILLECITI». Ci sono controllori che vanno a braccetto con i controllati,

omissioni di documenti, autorizzazioni illegittime e classificazioni di rifiuti come “non pericolosi”

quando in realtà sarebbero dovuti ricadere sotto quelli classificati come “pericolosi”.

E poi ci sono i profitti che Eni avrebbe conseguito grazie a questa gestione illecita.

Perché – si legge nelle carte – «è possibile ritenere che l’attività di reiniezione dei reflui liquidi all’interno

del Pozzo Costa Molina 2, nelle modalità illecite che sono state osservate da Eni e contestate nel corpo

della richiesta cautelare, ha permesso all’azienda di conseguire, solo per il periodo settembre 2013-

settembre 2014, un risparmio, e dunque un profitto ingiusto, di valore compreso tra i 34.164.040 di euro e

i 76.869.090 di euro».

AVVELENARE PER RISPARMIARE. Tra le carte dell’inchiesta si intravedono tutte le condotte tipiche

della criminalità ambientale.

Lo ha sottolineato anche il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti: «Dispiace rilevare che per

risparmiare denaro ci si riduca ad avvelenare un territorio con meccanismi truffaldini».

Conviene davvero estrarre petrolio in Basilicata, zona sismica?

Bolognetti segue la vicenda da più di 20 anni.

«Non sono cose che capitano da ieri», spiega, «ma questa potrebbe essere finalmente l’occasione per

fermarci un attimo a riflettere se conviene questo dispiego di forze e di scandali nella regione per estrarre

così pochi barili di petrolio che non portano neppure così tanto lavoro».

LAVORO? NEMMENO TROPPO. E sul fronte occupazionale, spesso citato dal premier Matteo Renzi e

dai sostenitori del petrolio lucano, vale la pena ricordare che fu Leonardo Maugeri, ex manager di Eni dal

1994 al 2011, a scrivere su Il Sole 24 Ore che «l’industria del petrolio non è ad alta intensità di lavoro».

Del resto la storia di Eni in Basilicata da anni è costellata di polemiche, inchieste e persino presunte

violazioni di legge sulla documentazione fornita da Eni nel 1996 per la creazione del primo insediamento

petrolifero.

C’È UNA DELIBERA DEL 1977. È ancora più recente, anno 2006, la creazione del pozzo reiniettore

Costa Molina 2, nel quale il colosso petrolifero italiano inietta da anni nel sottosuolo milioni di metri cubi

di scarti petroliferi.

E qui c’è il primo punto che stona. Anche se la magistratura non ha mai mosso un dito.

Né le sitituzioni, a parte il Comune di Grumento Nova che un paio di anni fa contestò la questione alla

Regione Basilicata che stava concedendo a Eni il via libera per l’apertura di un altro pozzo di reiniezione.

Del resto la delibera ministeriale del 4 febbraio 1977 per la tutela delle acque di inquinamento spiega che

«lo scarico nel sottosuolo può essere adottato come mezzo di smaltimento di effluenti industriali solo nei

casi in cui sia dimostrato che dette formazioni siano situate in zone tettonicamente e sismicamente

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lucani_43675240517.htm