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Da Infolampo: Carta diritti e Referendum

Carta dei diritti-2Per la dignità del lavoro, contro ogni forma di precarietà

Gli obiettivi della Carta: cancellare i voucher, reintrodurre la piena responsabilità solidale in tema di

appalti, nuova tutela di reintegro nel posto di lavoro per licenziamenti illegittimi in tutte le aziende con

più di cinque dipendenti

di Morena Piccinini

La Carta dei diritti universali del lavoro deve diventare un’occasione di discussione democratica per

restituire dignità ai lavoratori e alle lavoratrici,

duramente compromessa da leggi che hanno contribuito

a destrutturare il mondo del lavoro, rendendolo sempre

più precario. Le tante persone che si rivolgono all’Inca

quotidianamente ci chiedono rispetto per i loro diritti

dentro e fuori gli ambienti di lavoro. A loro, si rivolge la

Cgil che, con la proposta di legge di iniziativa popolare

e i quesiti referendari, vuole ricostruire il tessuto

connettivo della legislazione del lavoro, per cercare di

imprimere un alto profilo qualitativo superando gli

odiosi steccati tra tutelati e non.

Anche la scelta di ricorrere al referendum,

assolutamente straordinaria, dà il segno che il nostro

sindacato vuole usare tutta la strumentazione a disposizione affinché la raccolta delle firme diventi un

movimento di popolo, in grado di influenzare le scelte del legislatore. Quanto più numerosa sarà la

partecipazione, tanto più saremo in grado di raggiungere l’obiettivo di cambiare le leggi che hanno

contribuito a cancellare ogni certezza del diritto al lavoro e al rispetto dei contratti collettivi.

L’Inca parteciperà convinta con le proprie strutture per far sì che ogni singolo lavoratore e ogni singola

lavoratrice possano essere informati adeguatamente sull’iniziativa che entrerà nel vivo a partire dal 9

aprile, quando sarà avviata la raccolta delle firme in calce alla legge di iniziativa popolare che la Cgil

vuole portare all’attenzione del Parlamento. A sostegno di questa campagna, il nostro sindacato si pone

tre obiettivi: cancellazione dei voucher, reintroduzione della piena responsabilità solidale in tema di

appalti, nuova tutela di reintegro nel posto di lavoro per licenziamenti illegittimi in tutte le aziende con

più di cinque dipendenti.

E’ evidente che diffusione così massiccia della vendita di voucher (quasi tre milioni nel gennaio 2016)

riveli come ci si sia allontanati dal loro originario scopo, che era quello di retribuire soltanto lavoro

occasionale e accessorio, diventando una pratica odiosa di remunerazione per qualunque tipo di attività,

che lascia scoperti i lavoratori e le lavoratrici di ogni tipo di tutela. I voucher si sono trasformati in una

“rinnovata” forma di precarietà che investe tutte le tipologie di lavoro e a tutte le età. Le dichiarazioni

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Referendum sulle Trivelle, ecco perché bisogna votare

ROMA – In queste concitate giornate credo serva a tutti noi un breve ripasso su qual’è l’esatta definizione

di referendum nel nostro Paese. Il referendum è uno strumento di esercizio della sovranità popolare,

sancita dall’art.1 della Costituzione della Repubblica italiana.

di Davide Zoggia

Si tratta di uno strumento di democrazia diretta, che consente agli elettori di pronunciarsi senza nessun

intermediario su un tema specifico. Ora, alla luce di questa definizione, risulta ancora più imbarazzante e

incomprensibile, la posizione assunta dai vertici del Pd nazionale e racchiusa nella dichiarazione

congiunta rilasciata dai due vicesegretari nazionali, Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani. I due

vicesegretari, nella sostanza, dicono che il referendum è inutile, che non ci saranno nuove trivelle, che i

soldi per questo referendum potevano andare ad asili nido, scuole e sicurezza e che, se passerà il si al

referendum, l’Italia dovrà comprare all’estero più gas e più petrolio. Ecco, proprio su questi quattro punti

vorrei poter spiegare la strumentalità delle posizioni dei vertici del Pd e il perché invece bisogna andare a

votare. Primo punto, perché il referendum di domenica 17 aprile è utile. Innanzitutto il referendum è stato

promosso da 10 regioni, prevalentemente governate dal centrosinistra e non da facinorosi rivoluzionari !

Poi, nella valutazione dell’esercizio democratico di ogni singolo cittadino, un partito come il nostro, che

governa il Paese, non può invitare gli elettori a disertare le urne e dimostrare plasticamente di temere il

voto popolare.

Un autogol clamoroso, che allontana ancor di più la fiducia degli elettori nei confronti delle istituzioni e

dei partiti. Secondo punto, se non vincerà il si, se non si raggiungerà il quorum, le trivelle resteranno e per

moltissimo tempo. Nello specifico, il comitato promotore, chiede di cancellare la norma che consente alle

società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza

limiti di tempo. Infatti le società petrolifere non possono più richiedere per il futuro nuove concessioni per

estrazioni in mare entro le 12 miglia, ma se non vincerà il si, le società potranno rinnovare le concessioni

già in dotazione e non invece cessare l’attività alla scadenza ‘naturale’. Quindi una bella e sostanziale

differenza, che va spiegata correttamente ai cittadini. Terzo punto, i soldi per questo referendum potevano

andare ad altre attività, utili per i cittadini. Certo, e perché allora il governo non ha spinto per accorpare il

referendum con le amministrative ? Ci sarebbe stato un risparmio di quasi trecento milioni di euro.

La motivazione portata dai vertici del mio partito e dal governo che sostiene che non è possibile accorpare

elezioni con referendum non è credibile e si scontra con altri momenti referendari. Per esempio i

referendum abrogativi del 2009 (detti anche referendum sulla legge elettorale), distinti in tre quesiti sulla

legge 21 dicembre 2005, n. 270, si sono tenuti in Italia il 21 e 22 giugno 2009, in corrispondenza ai

ballottaggi per le elezioni amministrative locali. Quindi ? Perché non accorparli ? Timore di una maggiore

affluenza ? Quarto punto, se passa il referendum, l’Italia dovrà comprare all’estero più gas e petrolio.

Falso ! Secondo le ultime stime del Ministero dello Sviluppo Economico effettuate sulle riserve certe e a

fronte dei consumi annui del nostro Paese, anche qualora le estrazioni petrolifere e di gas fossero

collegate al fabbisogno nazionale, le risorse rinvenute sarebbero comunque esigue e del tutto insufficienti.

Considerando tutto il petrolio presente sotto il mare italiano, questo sarebbe appena sufficiente a coprire il

fabbisogno nazionale di greggio per 8 settimane. Ecco quindi le ragioni, dal mio punto di vista, per cui

bisogna andare a votare e riflettere seriamente per votare si, per salvaguardare le ricchezze certe del

nostro Paese. Turismo, cultura, ambiente e per lavorare seriamente per un piano energetico che ci porti al

livello dei Paesi più avanzati. Non facciamo come gli struzzi, non nascondiamo la testa sottoterra e

facciamoci guidare dal ragionamento, dall’approfondimento e dalla conoscenza. Non penso sia un caso

che anche i vescovi italiani invitino le comunità a discuterne per favorirne una soluzione appropriata alla

luce dell’Enciclica Laudato Si di Papa Francesco. Non si perda questa occasione.

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ecco-perche-bisogna-votare.html