Il peso specifico delle parole
“Il suono è l’alternarsi del frazionamento specifico delle parti materiali e della negazione di quel
frazionamento”.
Hegel
Il suono delle parole quale peso specifico ha? E’ misurabile l’alterazione tempo-spazio che l’emissione di
una parola provoca nell’universo? Sarebbe possibile assegnare un valore aritmetico ad una frase? Ad una
parola? Qualcosa che vada oltre la semplice sinusoidale misurabile all’oscilloscopio?
Quante parole inutili e banalità sciorinate troviamo nei meandri della società liquida? Quale spreco di
tempo e risorse, si commentano fatti che non si conoscono, si danno giudizi sommari senza domarne i
contenuti, promesse fatte oggi e infrante domani, “quanti fantasmi negli occhi degli amanti che hai
rifiutato” la meravigliosa e dolorosa poetica del Boss.
Roberto Saviano ritiene che la forza delle parole risieda nella loro stessa diffusione, la paura, il timore, la
forza dell’inchiostro, gli 83 giornalisti uccisi in Messico negli ultimi anni, per non fermarsi sempre e solo ai
morti di casa nostra a causa dell’affollamento di mafie del nostro paese, troppo attento ai disperati che
arrivano sulle coste e molto distratto sui malesseri di casa nostra.
L’avvento dei social non ha fatto altro che enfatizzare lo sciupio della parola, ridotto ad immondizia
mediatica nello stagno del 70% di ignoranza reale che ha certificato l’Istat nelle sue varie declinazioni. Più
un post è fasullo, più viene ricondiviso, l’assurdità stessa della notizia pubblicata nel web ne diventa
l’amplificatore logaritmico. E guai all’incauto che evidenzi la totale falsità o inesattezza della stessa,
presuntuoso e saccente, le cerchie di Bauman non perdonano. Non è passato molto tempo da quando
Zygmunt Bauman teorizzò la formazione di un cerchio magico fatto solo di eguali intorno ad ogni individuo,
ciò che comporta che quello che pensiamo, nel nostro micro-universo di simili, diventi verità assoluta.
Dite la verità, quante volte alla domanda “come fai a saperlo?” o “chi te l’ha detto?” la risposta è stata “ma
lo sanno tutti!!”, dove il tutti sta per una indefinita entità olografica non ben identificata, ma che è in
possesso della verità assoluta, una verità che diventa tale tanto quanto più la notizia è ripetuta e condivisa.
La verità e la conoscenza non sono più un patrimonio treccaniano, ma della pletora di chiacchiericcio inutile
e fine a sé stesso, un cinguettio perenne dove non sai più distinguere quale sia l’usignolo che sta cantando.
MAURIZIO DONINI