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da Infolampo: “Una nuova stagione” – Libia la guerra all’Isis per il petrolio

infolampo_banParte la consultazione degli iscritti Cgil sulla Carta dei diritti universali del lavoro. Insieme al nuovo modello di relazioni industriali avanzato unitariamente con Cisl e Uil rappresenta un’innovativa opportunità di crescita per i lavoratori e il Paese

di Paolo Andruccioli

Senza fare troppo rumore, stanno succedendo cose molto importanti in Italia. Anche se i grandi quotidiani non sembrano particolarmente interessati e sono ancora pochi i commenti degli analisti. In ogni caso, nel campo delle relazioni industriali e più in generale nel rapporto tra i vari soggetti in campo (sindacati, industriali, governo) si sta consumando una battaglia silenziosa i cui esiti condizioneranno il futuro del nostro Paese e la qualità della sua democrazia. Stiamo parlando della riforma delle relazioni industriali e delle regole della contrattazione, che è stata proposta da Cgil, Cisl, Uil e contro cui assistiamo a una levata di scudi senza precedenti da parte delle organizzazioni degli imprenditori. Ma anche se non sono affatto da sottovalutare il deciso no della Confindustria e i continui attacchi di Federmeccanica, il documento votato all’unanimità dagli esecutivi unitari di Cgil, Cisl, Uil ha una sua portata strategica che supera di molto lo scontro contingente.

E a questo primo fatto si deve collegare poi anche un’altra notizia (anch’essa finora alquanto sottovalutata dalla grande stampa): il lancio della Carta dei diritti universali con la quale la Cgil intende promuovere una grande campagna nazionale per arrivare a una nuova legge sul lavoro che sostituisca la disciplina attuale e porti avanti quel processo di modernizzazione e di allargamento dei diritti che era stato avviato in Italia con lo Statuto dei lavoratori. Dagli anni Settanta a oggi il mondo del lavoro è cambiato radicalmente, mentre negli ultimi venti anni (in particolare nell’epoca dei governi di centrodestra) il diritto del lavoro è stato praticamente stravolto, con il risultato che invece di avvicinare la parte del lavoro con meno diritti a quella che ne era provvista, oggi i lavoratori più deboli non hanno ottenuto nessuna garanzia in più, mentre quelli che una volta erano i “garantiti” sono molto più deboli e ricattabili. La Carta dei diritti universali della Cgil ha intenzione di invertire la rotta, cambiare verso nel senso proprio del termine, rilanciando una battaglia sindacale e poi politico-parlamentare per ricreare un sistema di norme e un apparato di diritti che rendano davvero uguali (almeno dal punto di vista della garanzia legale) tutti i lavoratori. Potremmo immaginare, scherzando ma non troppo, una scritta da affiggere nei luoghi di

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www.lettera43.it

Libia, la guerra all’Isis e per il petrolio

I terroristi cercano ingegneri per i pozzi. La Nato pronta ad agire. Anche per interesse.

di Barbara Ciolli ha collaborato Gea Scancarello

La notizia, al momento non verificabile, l’ha riportata il quotidiano newyorkese International Business Times, raccontando di avere in mano un non meglio precisato documento che lo prova.

Gli esperti d’intelligence sentiti da Lettera43.it ritengono che si tratti di «una procedura possibile, perché già adottata in Siria e in Iraq» per i pozzi e le raffinerie che dal 2014 solo la Russia ha bombardato seriamente. «E non è neanche impossibile», pur profilandosi «parecchio difficile», che l’Isis riesca a esportare gas e petrolio dalla Libia.

LE MIRE SUL PETROLIO. Gli uomini di al Baghdadi hanno attaccato il terminal di al Sidra (rapendo 150 persone), nell’Est del Paese che fa gola anche a inglesi, francesi e americani. E accerchiano il petrolio e il gas di Sabratha, vicino a Tripoli, sede del grande impianto di Mellitah cogestito dall’Eni.

Il Cane a sei zampe non commenta sul possibile reclutamento in corso dell’Isis, né sull’entità del pericolo per i suoi impianti. «La produzione in Libia è invariata a 300 mila barili al giorno, come ai livelli pre-guerra, e sulla terraferma operano solo addetti locali, coordinati dall’Italia», dice l’Eni a Lettera43.it, «tutto il resto è affare della politica internazionale e del governo».

LA CAUTELA DEGLI USA. Ma, proprio come l’Isis, anche gli attori internazionali accelerano sulla Libia, con manovre e interessi poco chiari. Fanno eccezione gli americani, accusati dai più di disinteressarsi di quello che succede nell’ex colonia italiana, forse ancora scottati dall’assalto al consolato di Bengasi, l’11 settembre 2012, nel quale fu ucciso l’ambasciatore Chris Stevens. «Non è questione di disinteresse: a Washington c’è un sacco di gente che lavora sul dossier e i contatti con Roma sono quotidiani», smentisce una fonte diplomatica americana a Milano. «Ma abbiamo imparato che non esistono soluzioni immediate: c’è bisogno di tempo, di avere una strategia».

Raid anonimi e corpi speciali a terra: Nato pronta ad agire

La cautela, tuttavia, non è condivisa. Sirte, roccaforte dell’Isis nonché città natale della tribù dei Gheddafi, questa settimana è stata per esempio bombardata da caccia stranieri non identificati.

Non è un inedito: per liberare Bengasi in Libia erano entrati più volte in azione jet militari egiziani e degli Emirati arabi.

Si teme che stavolta la longa manus sia dei francesi, come per la guerra al rais del 2011: la mattina del 12 gennaio un ripetitore di Flightradar 24 ha rilevato l’ingresso «anomalo» nello spazio aereo italiano di un velivolo militare d’Oltralpe, diretto verso il golfo di Sirte, in quello che è apparso un volo di rifornimento.

Forse solo un «test», prima di un imminente, nuovo intervento internazionale in Libia.

INTERVENTO MILITARE IMMINENTE. Secondo l’esperto di Libia dell’European Council on Foreign Relations, Mattia Toaldo, «l’intervento è possibile ormai, sotto forma di raid contro il Califfato, anche senza il via libera del neonato governo di unità nazionale libico, se non riuscirà a insediarsi o a operare».

Test per l’assalto sono stati, d’altra parte, anche gli attacchi dell’Isis agli impianti di al Sidra: sondare e spaventare l’opinione pubblica, mentre i combattenti avanzavano sulla costa, da Sirte verso Ras Lanuf, avamposto per il controllo dei terminal petroliferi.

ROMA ALL’ANGOLO O HUB STRATEGICO? Tutti, insomma, sembrano alle prove generali. Si prepara il terreno senza chiedere il permesso, spingendo Roma – attore leader nell’ex colonia – nell’angolo? «Gli Stati Uniti sostengono l’Italia, le riconoscono un ruolo dominante sulla Libia: Roma sta diventando l’hub fondamnetale per studiare le mosse per arginare le violenze», smentisce ancora il pessimismo la fonte diplomatica americana. Ma, certo, la fretta impressa dai partner europei per un’azione in Libia è innegabile.

UNITÀ A TERRA GIÀ IN LIBIA ? «La Nato è pronta a supportare un’azione. Piccoli contingenti in Libia, già presenti sotto forma di intelligence e unità speciali, sono possibilissimi, ognuno a presidio dei propri interessi, inclusi pozzi, condutture, impianti», spiega a Lettera43.it l’analista di Libia del centro di ricerca di security e antiterrorismo Itstime Marco Maiolino, «la Francia, gli Usa, la Gran Bretagna, i Paesi arabi confinanti hanno obiettivi da difendere. E anche l’Italia, come si è visto con il blitz per il trasferimento dei soldati libici feriti nell’attentato di Zliten, c’era».

L’Isis a caccia di ingegneri disoccupati: presto il crollo finanziario

L’Isis non è così forte in Libia come lo dipinge la sua abilissima propaganda.

Dalle informazioni di Itstime, dispone di al massimo 3 mila unità operative, non le 5 mila e le 10 mila

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