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Da Infolampo pensioni e non solo…..

111019782-9198a386-08d3-4ac6-9cb7-43a634636de4Pensioni, dal 2016 le donne lavoreranno 22 mesi in più

Col nuovo anno scattano gli scaglioni previsti dalla Fornero che penalizzeranno le donne nate nel 1953. Per tutti, invece, l’aumento di 4 mesi legato alle speranze di vita e l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione del montante.

Stangata in arrivo nel 2016 sull’età di accesso alla pensione e sull’importo dell’assegno calcolato con il metodo contributivo. La Legge di Stabilità limita infatti gli interventi sul settore solo ad aspetti marginali per quanto riguarda l’età di uscita e l’anno prossimo quindi scatterà sia il gradino previsto dalla legge Fornero per la pensione di vecchiaia delle donne, sia l’aumento di 4 mesi per tutti legato alla speranza di vita, sia la revisione dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo. In pratica per le donne dipendenti del settore privato l’età di uscita per vecchiaia passerà dai 63 anni e 9 mesi del 2015 a 65 anni e 7 mesi (compreso l’innalzamento di 4 mesi dell’aspettativa di vita), mentre le autonome potranno prendere l’assegno solo dopo aver compito 66 anni e un mese.

La Legge di Stabilità prevede la possibilità per le donne che compiono entro il 2015 57 anni e 3 mesi di età (58 le autonome) e 35 di contributi di uscire dal lavoro anche l’anno prossimo una volta atteso il periodo previsto dalla finestra mobile (un anno per le lavoratrici dipendenti, un anno e mezzo per le autonome). La classe di età più penalizzata è quella delle donne nate nel 1953 dato che si ritroveranno a rincorrere la pensione fino al 2020 (nel 2018, quando compiranno 65 anni e 7 mesi sarà scattato un nuovo scalino mentre nel 2019 ci sarà nuovo aumento della speranza di vita). Per le donne nate nel 1952 invece è prevista un’eccezione che consente a fronte di 20 anni di contributi l’uscita a 64 anni più l’aspettativa di vita.

L’aumento dell’aspettativa di vita definito a partire dal 2016 è di 4 mesi e quindi dall’anno prossimo gli uomini andranno in pensione di vecchiaia a 66 anni e sette mesi (66 anni e 3 mesi fino a fine 2015), mentre per la pensione anticipata saranno necessari 42 anni e 10 mesi di contributi (compreso l’incremento di 4 mesi della speranza di vita rispetto al 2015). Per le donne sarà possibile andare in pensione prima dell’età di vecchiaia solo in presenza di 41 anni e 10 mesi di contributi.

Il nuovo adeguamento sulla speranza di vita verrà deciso per il 2019.

Nel 2018 le donne avranno un nuovo scalino per l’età di vecchiaia e andranno in pensione alla stessa età degli uomini, ovvero a 66 anni e sette mesi. Le dipendenti pubbliche (già allineate all’età degli uomini sin dal 1° gennaio 2012) nel 2016 andranno in pensione di vecchiaia alla stessa età degli uomini (66 anni e sette mesi). Nel 2016 scatteranno anche i nuovi coefficienti di trasformazione del montante contributivo. La sola quota contributiva dell’importo pensionistico quindi a parità di età di uscita risulterà più basso

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Commissioni d’inchiesta, perché sono ormai inutili

È il solo strumento con cui la politica risponde ai grandi scandali italiani. Risultati concreti: zero. Dalla P2 e Mitrokin, fino a Etruria: perché sono un flop.

di Francesco Pacifico

E siamo a 81 soltanto nella storia repubblicana.

Con la decisione di creare anche un apposito organismo per indagare sul fallimento delle quattro banche di credito cooperativo (Etruria, CariChieti, Carimarche e Carife), la politica italiana conferma la sua abitudine a rispondere ai grandi scandali (politici, sociali, economico/finanziari) sempre allo stesso modo: con una bella e quasi sempre inutile commissione d’inchiesta parlamentare.

Successe così nel 1862 quando un’imbarazzante relazione del generale La Marmora svelò alla nascente Italia unita la forza del brigantaggio al Sud. E lo stesso fece Giolitti 30 anni dopo lo scandalo della Banca di Roma.

Ma le cose negli anni sono andate sempre peggio se Sergio Romano, ambasciatore e e storico dei fatti contemporanei, sentenziò sul Corriere della Sera: «Tanti sforzi ma risultati vicini allo zero». Mentre lo storico Nicola Tranfaglia le ha bollate come «un vero e proprio strumento di governo».

Come quella Mitrokhin guidata da Paolo Guzzanti: il centrodestra disse che il centrosinistra aveva rallentato la pubblicazione della liste di presunte spie al soldo del Kbg, il centrosinistra replicò che quelle brandite dal centrodestra erano cose note e arcinote.

OGGI SEI COMMISSIONI SPECIALI. Soltanto a oggi in parlamento lavorano, spesso nel silenzio dei media, sei commissioni d’inchiesta speciali: c’è quella sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali a esse correlati; quella sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro (rilanciata nell’ultima legislatura), l’Antimafia, quella sulla pirateria, quella sull’uranio impoverito, quella sul sistema di accoglienza e identificazione dei migranti alle quali si può aggiungere il giurì sul caso Cera D’Ambrosio.

Costo per il funzionamento è in media tra i 50 e i 70 mila euro all’anno. Risultati concreti, al netto di qualche titolo sui giornali: zero.

Piu di 15 anni fa lo storico Ernesto Galli della Loggia e il suo presidente Giovanni Pellegrino se le dissero a mezzo stampa, perché il primo non si capacitava sul perché dovesse ancora esistere un consesso nato come straordinario per gestire un’emergenza e divenuto nella prassi politico/parlamentare permanente.

Senza contare che, nonostante tante legislature a disposizioni, avesse finito soltanto per mettere nero su bianco le divisioni della politica sugli anni di piombo.

Conclusione non accettata da Pellegrino, il quale – pur ammettendo le distanze tra destra e sinistra – ha sempre vantato il lavoro fatto d’indagine sulla nuova eversione, condiviso da maggioranze e opposizioni, che ha evitato che si ricreasse lo stesso clima di contiguità degli anni Settanta.

IL BUCO NELL’ACQUA DELL’INCHIESTA P2. Altra commissione famosa quella presieduta negli Anni 80 da Tina Anselmi sulla loggia P2 dopo la pubblicazione delle liste degli iscritti. Tre anni di lavoro, 198 testi ascoltati, 14 operazioni di polizia giudiziaria, cinque relazioni di minoranza e sullo sfondo una domanda, senza risposta, rilanciata su Lettera43.it anche dal figlio di Roberto Calvi: ma Licio Gelli era davvero il capo della P2?

La commissione d’inchiesta sull’Irpinia guidata da Oscar Luigi Scalfaro, nel 1990, arrivò alla conclusione che dei 70 mila miliardi di lire stanziati per la ricostruzione post terremoto 58.600 finirono nel nulla. A chi (politici, imprenditori, funzionari corrotti, camorristi) non si è mai saputo. Per la gioia degli stessi compagni di partito di quello  che di lì a poco sarebbe diventato presidente della Repubblica.

Le prime due grandi commissioni, nel 1952, sulla disoccupazione e sulla miseria fecero scoprire la distanza tra il Nord e il Sud del Paese.

SI INDAGA SU QUALSIASI COSA. Poi il parlamento ha indagato quasi su tutto: nel 1958 sul banchiere di Dio Giovanni Battista Giuffrè, nel 1961 sugli errori nella costruzione dell’aeroporto di Fiumicino, nel 1963 sulla strage del Vajont o sullo scandalo delle tangenti – era il 1989 – sulle tangenti dell’affaire ‘Bnl-Atlanta”.

Il canovaccio è sempre lo stesso: si profilano grandi rivelazioni, c’è sempre una potenziale gola profonda poi mancano sempre i riscontri decisivi. Non sono mai state ritrovate le scorie radioattive che il pentito dei casalesi Carmine Schiavone (utile in altre inchieste) rivelò all’Antimafia. La commissione su Telecom

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