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Fuga dei pensionati dall’Italia

000fugadeipensionatiL’Italia non è un Paese per vecchi. Sono 400 mila gli anziani che hanno deciso di trascorrere gli ultimi anni di vita all’estero ed è un numero in continuo aumento. Lo scorso anno gli espatri sono stati oltre 16mila. E non si tratta solo di italiani. Anche stranieri che hanno trascorso tutta una vita lavorativa nel Bel Paese, raggiunti i limiti di età, fanno le valige e tornano nel luogo d’origine o cambiano destinazione. E a spingerli oltre frontiera non è solo il richiamo delle radici, la nostalgia dei luoghi dell’infanzia o i parenti ma soprattutto gioca il costo della vita che in Italia per un pensionato è un vero problema.

Ma questa fuga non è indolore per le casse dell’Inps. Andando all’estero il pensionato si porta dietro l’assegno previdenziale. «Continuiamo a pagare ogni anno 200 milioni di euro di prestazioni assistenziali a pensionati che vivono in altri Paesi e che magari hanno un’assistenza di base» ha rilevato il presidente dell’Inps Tito Boeri presentando il rapporto sulle pensioni all’estero. E sottolinea che si tratta di una situazione «paradossale perché in Italia non ci sono strumenti contro la povertà e una rete di base proprio perché si dice non ci sono le risorse».

Di qui la proposta di smettere di pagare le prestazioni non contributive ai pensionati che risiedono all’estero, creare un fondo per investire su politiche di integrazione degli immigrati e cercare di mettere un freno alla fuga dei pensionati italiani verso Paesi nei quali la tassazione è più favorevole.

Ecco i numeri. Solo nel 2014 sono stati 5.345, il 65% in più dell’anno precedente, ma dal 2010 il numero è più che raddoppiato (+109%) arrivando a 16.420. Nel complesso l’Inps eroga all’estero ogni anno circa 400mila trattamenti pensionistici, in oltre centocinquanta Paesi, per una spesa complessiva che supera il miliardo di euro.

Il 61% delle pensioni pagate all’estero nel 2014 sono di vecchiaia o anzianità, il 4% di invalidità e il 35% sono erogate ai superstiti.

C’è poi l’altra faccia della medaglia delle pensioni all’estero è rappresentata dagli immigrati che trascorrono un periodo lavorativo in Italia, pagano i contributi ma poi uscendo dal Paese, lasciano una sorta di «tesoretto». Le persone con cittadinanza non italiana nate prima del 1949, con contribuzione Inps, che non hanno sin qui ricevuto prestazioni previdenziali nè rimborso della decontribuzione, sono 198.430 (il 21% del totale), ma hanno versato contributi per oltre 3 miliardi di euro. A questi si potrebbero aggiungere altri probabili 12 miliardi, calcolando il 21% delle 4,2 milioni di posizioni contributive delle generazioni di immigrati non ancora arrivati a maturare i requisiti di vecchiaia, che hanno erogato contributi che capitalizzati valgono oltre 56 miliardi.

«Perchè non fare – ha detto Boeri – un fondo per investire su politiche dell’integrazione degli immigrati». Boeri si è soffermato anche sulla necessità di riflettere sul sostanziale regalo che il nostro Paese fa pagando all’estero prestazioni non basate solo sul sistema contributivo. «L’Italia – dice – è uno dei pochi paesi a riconoscere la portabilità extra Ue della parte non contributiva delle pensioni. Paghiamo – spiega – integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali a persone che vivono e pagano le tasse altrove, riducendo il costo dell’assistenza sociale in questi paesi. Mentre in Italia non abbiamo una rete di assistenza sociale di base».

LDP