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Crisi aziendali, non basteranno 200 Jobs Act

000crisiaziendaliMentre le forze politiche sono in fermento per l’approvazione o meno della riforma elettorale il Paese reale perde pezzi importanti dell’economia e avanza impietosa la disoccupazione tra i grandi gruppi, ma anche a livello di imprese artigiane e commerciali.

Solo negli ultimi giorni le crisi Prysmian, Auchan, Whirlpool, Desi, Mercatone UNO, per citare le più importanti con impatto mediatico si sono portate via qualcosa come 10.000 posti di lavoro, mentre la priorità per l’esecutivo resta la riforma elettorale e il Senato delle Regioni. Contemporaneamente il Ministero del Lavoro, senza citare fonti a riscontro enumera 98.000 nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato nelle ultime settimane come frutto del Jobs Act, mentre gli imprenditori che assumono affermano di farlo solo grazie agli sgravi contributivi e fiscali. Ci chiediamo, dopo il fallimento conclamato di Garanzia Giovani, la relativa efficacia del Jobs Act quali altri provvedimenti ha in serbo questo governo per far uscire il paese dalla crisi, senza dare la stura agli entusiasmi fuori luogo e non supportati da dati reali.

Le famiglie italiane, oltre 6 milioni secondo fonti indipendenti continuano a soffrire e far fatica ad arrivare alla fine del mese. La scia dei suicidi, anche se la stampa spesso li ignora e costante e preoccupante, in particolare per le categorie coinvolte, i giovani, i disoccupati, i cassaintegrati non trovano sbocchi lavorativi credibili.

Il flusso migratorio, verso i Paesi dell’Unione Europea, ma anche verso l’Australia e la Nuova Zelanda ha assunto proporzioni ragguardevoli, mentre il flusso migratorio verso il nostro paese rischia di mettere a rischio non soltanto la coesione sociale, ma un intero apparato produttivo basato sul turismo, complice la mollezza e l’indeterminatezza del nostro esecutivo, pronto a mostrare i muscoli solo se si tratta di legge elettorale.

A chi preme la riforma elettorale? Quali vantaggi per il paese reale da una riforma che rischia di concentrare potere nelle mani quasi di una sola persona?. Va bene la necessità di prendere decisioni e renderle operative, ma un sistema di contrappesi sarebbe opportuno e questo nell’Italicum non c’è e la legge premia eccessivamente il partito, non la coalizione, uscito vincente dalla competizione elettorale. Che dire poi del Senato delle regioni, altra maggioranza coerente con l’esecutivo, quindi nessun vantaggio dal nuovo senato, ma un’assemblea di nominati facenti capo sempre e soltanto al partito vincente. E’ ancora democrazia? Con l’economia e una crescita risicata dello 0,5% non sarebbe opportuno dedicare ogni sforzo al taglio della spesa pubblica, all’accorpamento dei comuni, alla cancellazione definitiva delle Provincie, all’accorpamento delle Regioni con cancellazione immediata di quelle a Statuto Speciale per evitare a breve una manovra sull’IVA o equivalente? Intanto crescono le imposte sulla casa, ma di   questo vi parleremo a parte.

ARES