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Guccini in vacanza a San Benedetto presenta il suo libro il 22

gucciniNuovo dizionario delle cose perdute è l’ultimo libro che ha scritto, edito da Mondadori. Venerdì 22 agosto alle ore 18,30 lo presenta alla Palazzina Azzurra di San Benedetto nell’ambito di Incontri con l’autore. E domenica 24 sarà a Senigallia, alla rassegna Ventimilarighesottoimari, per parlare del noir appenninico con il giallista Loriano Macchiavelli. Francesco Guccini da qualche giorno ha messo le tende in Riviera, ospite di amici, per un periodo di relax. La sera in giro nei paesini dell’hinterland, il giorno sotto l’ombrellone presso i bagni Da Luigi.
Ci svela perché in copertina di Nuovo dizionario delle cose perdute campeggia il disco forato di un vecchio telefono?
“Questo apparecchio per molti anni ha fatto mostra di sé nelle case degli italiani, figura simbolo di un tempo ormai andato e sempre più lontano. Il telefono come altri elementi trattati nel volume, tra cui la carta carbone e le cabine telefoniche, sono metafore per rappresentare una quotidianità lontana, fatta di cose piccole e semplici”.
Effetto nostalgia?
“Tutt’altro. Gli argomenti non sono esposti con malinconia o nostalgia. Come potrei avere nostalgia di vivere in una casa senza acqua corrente e senza bagno? Un passato così non merita nostalgia, ha comportato troppi sacrifici”.
Tra le pagine del volume non compare il vecchio disco in vinile. E’ forse una delle cose del passato da salvare?
“I 33 giri sono da salvare in tutto, a cominciare dalle copertine che consentono di giocare con la grafica. Quando è apparso il cd c’era l’illusione che avrebbe superato i difetti del vinile, ma così non è stato perché il supporto digitale ha i suoi scricchiolii e non ha la fedeltà del 33 giri. I miei ultimi dischi sono stati, infatti, stampati in vinile”.
Un paio di anni fa ha inciso L’ultima Thule. E a San Benedetto ha annunciato in anteprima (su Il Messaggero) il ritiro dalle scene. Qualche volta non le viene voglia di tornare sul palco?
“Non ci penso. Un concerto comporta troppa fatica fisica e mentale. L’altra sera gli amici di San Benedetto mi hanno chiesto di cantare Canzone per un’amica. L’ho fatto con piacere perché tutto si è consumato in pochi minuti. Se fosse stato uno spettacolo dal vivo, quella canzone sarebbe stata l’inizio di due ore e mezzo di uno spossante concerto. Di quella vita sulla strada mi mancano gli amici musicisti e le conviviali dopo lo spettacolo”.
Con la sua esperienza potrebbe guidare giovani cantautori.
“Da tempo immemore ricevo materiale di aspiranti artisti: prima mi mandavano le musicassette, ora i cd. Ho segnalato alle case discografiche Claudio Lolli e Vinicio Capossela, ma il mio lavoro si è fermato alla segnalazione. Non ho intenzione di fare il manager né il discografico”.
Il famoso fiasco di vino con cui è stato immortalato in scena, è reale o è una leggenda metropolitana?
“Non è opera mia. In un paio di concerti qualcuno ha messo il fiasco di rosso a fianco alla mia postazione e mi sono attaccato per qualche sorso. Le foto scattate in quelle occasioni sono diventate un simbolo del mio modo di essere. Ma è una leggenda metropolitana. In realtà, prima degli spettacoli bevevo mezzo bicchiere per sciogliere le inibizioni. Suonare con l’alcol in corpo non va bene, in quanto toglie lucidità”.