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Prima il Lavoro, ma il premier non ci sente!

06primaillavoroIn un effluvio costante e sempre più intenso di parole e proposte roboanti sembra perdersi ogni giorno che passa il senso vero delle riforme utili agli italiani. Non si discute che di titolo V, di riforma di Palazzo Madama, ora poi con l’avvento del semestre europeo molta dell’attenzione è spostata sull’Europa e sulle scaramucce a non finire che contrassegneranno questi mesi di presidenza Renzi. Siamo ad una fase di finto riformismo, al quale manca una vera analisi di fondo delle urgenze e delle esigenze del Paese, dove si preferisce le grida dei titoli all’essenza del fare effettivamente una qualche seria e completa riforma. Non si sono visti finora neppure i provvedimenti meno impegnativi e financo meno osteggiati, dalla fissazione dei costi standard nella sanità, il nodo risorse umane nel comparto dell’istruzione, con insegnanti sottopagati, programmi fuori tempo, università totalmente burocratizzate e il lavoro, l’emergenza delle emergenze, con il job act rinviato a data da destinarsi, la Garanzia Giovani incagliata nelle secche della burocrazia regionale e provinciale. Purtroppo per il Premier il nodo occupazione non sblocca con qualche incentivo fiscale, riprova ne sia il flop del bonus varato dal governo Letta, occorrono veri e concreti ammortizzatori, programmi di recupero dei lavoratori anzitempo messi fuori gioco dall’avanzare della tecnologia. Il governo ha sbandierato come un toccasana la restituzione degli 80 euro alle famiglie, ma si è accorto ora che la crescita della pressione fiscale non ha consentito di destinare le somme a nuovi consumi, bensì sono state assorbite dalle maggiori imposte e così sarà anche per i mesi a venire, visti i rincari in procinto di andare in porto, accise, carburanti, passaporti. Bene impegnare il dibattito sulla riforma costituzionale ed elettorale, ma il Paese può attendere ancora un serio e decisivo passo per uscire dalla stagnazione? La Costituzione peraltro propugna l”uguaglianza di tutti i cittadini e condizioni uguali per tutti nell’accesso al lavoro e ai servizi, che purtroppo non ci sono. Ha senso allora mettere il carro davanti ai buoi o è solo “l’esigenza” del premier di avere “mani libere”? Dove sono i partiti, gli unicj “titolati a realizzare alcune condizioni minime di uguaglianza tra tutti i cittadini attraverso un processo propulsivo e autoriformatore. Purtroppo neppure i partiti se la passano molto bene e allora l’uomo solo al comando ha buon gioco ad alzare la posta ogni giorno di più, consapevole o no che comunque non è in questo modo che si risolvono i gravi problemi del Paese, tant’è la spesa pubblica cresce, il debito sale, le privatizzazioni arrancano e il lavoro non c’è e non ci sarà ancora per un bel pezzo. A qualcuno basta sopravvivere e tirare a campare? Sempre che la pazienza e la credulità degli italiani lo consenta.

ARES